I
prossimi mondiali di calcio si terranno nel 2016 a Rio de Janeiro.
Sappiamo quanto il calcio sia importante nella società brasiliana, ed è per
questo che in vista dei Mondiali, lo Stato e in particolare il comune di Rio de
Janeiro hanno messo in atto delle misure
per modernizzare la città e prepararla ad accogliere tutta quella massa di
persone attirate dall’evento.
Per questo, uno dei
problemi di Rio de Janeiro più noti nel mondo, le Favelas, spariranno. Non
che ci si sia impegnati particolarmente per trovare una sistemazione ed offrire
una condizione di vita più degna ai poveri; questo sarebbe troppo difficile e
lungo. Per far sparire le Favelas basta annullare la parola, non
il fatto reale. Proprio per una questione
di immagine, infatti, il termine favela in Brasile è, da anni, al centro di
un dibattito: il comune di Rio e l’ente
al turismo hanno chiesto (la richiesta di cancellazione, in realtà, era già
stata avanzata nel 2009), e ottenuto, la
cancellazione della parola da Google Maps per indicare le famose
baraccopoli arroccate sulle colline della città.
E così, da adesso, chi
volesse visualizzare su Google Maps la Favela
Sumaré o la Favela Morro do Chacrinha,
dovrà cercare il termine, sconosciuto
agli stranieri, di morro, “collina”.
“Sostituire
la parola ridurrà l’impatto di queste comunità”
dicono al comune; e hanno ragione. Non avranno nessun impatti, in quanto
saranno cancellate proprio dalla lingua e dalle mappe. Ma i redattori delle
guide turistiche non credono sia una buona idea: si preoccupano che non
chiamare le cose col loro nome possa
confondere, e quindi mettere in pericolo, i turisti. Anche Rio’s Popular Committee,
comitato cittadino a tutela dei più poveri, afferma tramite un portavoce: “la rimozione virtuale è parte di un
progetto il cui scopo è nascondere la povertà e i poveri sia in ambienti
virtuali che nella realtà, con rimozioni forzate”
Ma, lo sappiamo, siamo nell’era dell’immagine, e solo l’immagine
conta. Per cui la guerra alla povertà
(espressione bruttissima) è diventata
guerra ai poveri: non si vuole più “eliminare” la povertà, ma i poveri
stessi, nascondendoli sotto il tappeto, abbandonandoli, ancora di più, al loro
destino. Quando poi, magari uno su mille di quei poveri diventerà un campione
della nazionale, allora potrà ricominciare ad esistere.
Ant.Mar.
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