Il progetto del Politecnico
di Milano (cfr articolo) di estendere la lingua inglese a tutti i corsi delle
lauree magistrali e dottorati dal 2014, è da abbandonare. Per fortuna. Per fortuna anche perché questo episodio era il "precedente", che ha spinto molte altre Università, tra cui la Ca' Foscari di Venezia e L'Università di Udine, e anche molti licei, a prendere provvedimenti per relegare l'italiano a lingua secondaria... a dialetto inutile e non in grado di scrivere di scienza.
Il Tar ha infatti accolto il ricorso presentato da 150 professori contro il provvedimento approvato a maggio dello scorso anno dal Senato accademico, che prevedeva l’inglese come prima e unica lingua di insegnamento – impartito a studenti italofoni da professori italofoni. C'è da dire che già adesso, prima cioè dell’attuazione di questa riforma, al Politecnico vi sono 17 le lauree magistrali, due triennali e 24 dottorati di ricerca dove l’italiano è del tutto escluso, mentre la nuova iniziativa doveva riguardare tutti i 34 corsi specialistici.
Il Tar ha infatti accolto il ricorso presentato da 150 professori contro il provvedimento approvato a maggio dello scorso anno dal Senato accademico, che prevedeva l’inglese come prima e unica lingua di insegnamento – impartito a studenti italofoni da professori italofoni. C'è da dire che già adesso, prima cioè dell’attuazione di questa riforma, al Politecnico vi sono 17 le lauree magistrali, due triennali e 24 dottorati di ricerca dove l’italiano è del tutto escluso, mentre la nuova iniziativa doveva riguardare tutti i 34 corsi specialistici.
“Le scelte compiute dal
Senato accademico — hanno scritto i magistrati Adriano Leo, Alberto Di Mario e
Fabrizio Fornataro — con le delibere impugnate si rivelano sproporzionate, sia
perché non favoriscono l’internazionalizzazione dell’ateneo ma ne indirizzano
la didattica verso una particolare lingua e verso i valori culturali di cui
quella lingua è portatrice, sia perché comprimono in modo non necessario le
libertà, costituzionalmente riconosciute, di cui sono portatori tanto i
docenti, quanto gli studenti”.
Nella sentenza ci si ricollega a molte altre leggi (tra cui un regio decreto del 1933) che sottolineano la centralità e l’ufficialità della lingua italiana in ogni settore dello Stato, e all’articolo 6 della Costituzione, che però non parla della lingua italiana, parla delle minoranze linguistiche. Non è che cominciamo a considerare l’italiano una lingua… se non minoritaria, minorata?
Nella sentenza ci si ricollega a molte altre leggi (tra cui un regio decreto del 1933) che sottolineano la centralità e l’ufficialità della lingua italiana in ogni settore dello Stato, e all’articolo 6 della Costituzione, che però non parla della lingua italiana, parla delle minoranze linguistiche. Non è che cominciamo a considerare l’italiano una lingua… se non minoritaria, minorata?
“Una soluzione che
marginalizza l’uso dell’italiano — secondo i magistrati — perché la lingua
straniera non si pone sullo stesso piano di quella italiana”. Infatti, secondo
i magistrati (e secondo tutti coloro che capiscono un minimo di lingua e
società; e secondo TUTTI i trattati UE a riguardo), obbligare studenti e
professori a cambiare lingua è lesivo per la loro libertà. La didattica in
inglese, infatti, richiede una grande dimestichezza e padronanza della lingua,
cosa che:
1: sacrifica i valori culturali della lingua italiana nel nome di una falsa e controproducente internazionalizzazione.
2: svantaggia, per
costi tempo e fatica, gli italiani in confronto a coloro che possono studiare
più facilmente nella loro lingua madre.
3: alla lunga,
impoverisce la lingua italiana, che non avrà più – e/o noi non saremo più in
grado di usarli – i termini tecnici delle varie scienze studiate solo in
inglese.
E questo, come prime e minime conseguenze.
Infatti, fin da subito la decisione aveva incontrato molta opposizione da parte di un gran numero di docenti del Politecnico, una piccola parte di studenti, e da tutti gli ambienti del mondo della cultura, a cominciare dall’Accademia della Crusca e la Società Dante Alighieri.
“Si tratta di una sentenza molto ampia e articolata, che accoglie in pieno le ragioni rappresentate dai ricorrenti — secondo l’avvocato Maria Agostina Cabiddu, docente del Politecnico stesso e promotrice del ricorso — dimostrando tutta la lesività della decisione impugnata. È una vittoria non solo e non tanto dei ricorrenti ma posso dire, senza timore di essere troppo enfatica, della ragione e della cultura. Spero per l’ateneo cui mi onoro di appartenere che i suoi organi di governo decidano di non presentare ricorso in appello”.
La cosa importante da segnalare è che la cosa non va bene non perché si sia contrari all'inglese in quanto tale, ma perché così come si voleva fare, si sarebbe creata una situazione di monolinguismo - tutt'altro che internazionale - e per di più imposto, forzato. Fare corsi in più lingue, e non solo quelle dei paesi più potenti; insegnare l'intercomprensione, l'Esperanto, rende internazionali. Insegnare, e studiare, in inglese rende inglesi (o meglio, americani).
Dal rettorato, per ora, non si hanno commenti, nemmeno sulla volontà eventuale di ricorrere subito in appello.
Ant.Mar.
Nessun commento:
Posta un commento
ogni commento non costruttivo sarà eliminato.