IL NUOVO PAPA: Fin dal
primo momento in cui si affacciò a San Pietro, apparve chiaro che l’immagine
che questo nuovo papa voleva promuovere era ben diversa dagli orpelli,
cappelloni e scettri di Ratzinger. Poi ha cominciato a dire cose che, nella
bocca di un Papa, dovrebbero essere ovvie: ‘denaro falso idolo’, ‘pensate ai
poveri’, ‘la corruzione è peccato’, lo Ior… e tante altre belle cose. Vedremo fin
dove arriverà nei fatti; quel che ci interessa qui è segnalare come tutti i
media si sono subito messi a indagare e studiare i cambiamenti nel “nuovo
linguaggio” della chiesa e di papa Francesco. Dal Buongiorno con cui si è
presentato alla folla, al “chiamatemi Bergoglio”, fino all’esitazione prima di
istallarsi nei sontuosi appartamenti monarchici.
Ma la vera rivoluzione,
senza precedenti, non sta tanto nel tipo di linguaggio – familiare o colto,
amichevole o spigoloso – ma proprio nella lingua scelta. La cosa non ha
colpito nessuno degli organi di informazione più grandi; ma ovviamente non è
sfuggita ai linguisti nè agli esperantisti dell’ERA, il cui segretario, Giorgio Pagano ha espresso grande contentezza per le scelte linguistiche di Sua
Santità. “Da oggi c'è una piccola speranza in più per la giustizia linguistica
nel mondo, grazie a Papa Francesco.” Ha esordito Pagano.
Il fatto è che il Papa –
non si sa quanto per necessità e quanto per scelta – si rifiuta di parlare inglese con chicchessia, in qualsiasi
situazione. In quanto Vescovo di Roma, usa solo l'italiano nelle occasioni ufficiali. Già in occasione del rituale discorso di Pasqua, Francesco non
volle fare l'urbi et orbi in svariate
lingue, come sempre la Chiesa moderna ha fatto, ma solo in italiano. Poi, il 10
aprile, incontrando in Vaticano il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki Moon, ha parlato solo in italiano servendosi di un monsignore della
Segreteria di Stato come interprete dall’inglese
Così, Pagano,
entusiasta, afferma: “La Chiesa bergogliana sembra credere fermamente che la lingua italiana funzioni alla perfezione
per vincere le sfide della comunicazione del futuro.” E questo “simbolizza pienamente la forza della nostra lingua e la sua
capacità di azione anche al di fuori dei confini dello Stato” […] “Tutto ciò mentre questa Repubblica, sempre
più preda di ladri o di neopazzi, distrugge se stessa e la propria Costituzione
permettendo ad una università pubblica, il Politecnico
di Milano, di svendere l'alta formazione alla lingua inglese, eliminando
completamente l'italiano a partire dal 2014” (cfr articolo). Il Papa “opera sulla via della
internazionalizzazione della e nella lingua italiana, mentre i collaborazionisti italiani svendono agli angloamericani il
futuro dei giovani e il patrimonio inestimabile del nostro paese”.
LA LINGUA DEI POVERI: Ma,
ovviamente, non poteva mancare chi, dai paesi ricchi, ironizzasse
sui PIGS
latini, denigrati sin dai termini “tecnici” (cfr articolo). Questa volta ci ha
pensato un certo Harald Schmidt, un
comico tedesco. In occasione dell’omelia pasquale tenuta solo in Italiano,
infatti, il buontempone ha proclamato l’italiano
la lingua degli straccioni. Già, come nota il linguista Diego Marani, “il concetto di comico tedesco è
difficilmente traducibile nell’immaginario collettivo di mezzo mondo”, ma a
parte questo, “sicuramente il guitto d’oltralpe era più a suo agio con l’italiano
da Sturmtruppen di Ratzinger, dove ogni benedizione
sembrava un rastrellamento”.
H. Schmidt in un'esilarante scenetta comico-tedesca |
Eppure, nonostante l’evidente
fastidio con cui parla della questione, Diego Marani dà in fondo ragione al comico
tedesco: “assieme al greco, oggi le lingue neolatine sono tutte lingue di
straccioni[…] è quindi comprensibile che un Papa privilegi le lingue dei poveri
nelle sue benedizioni. Ma le lingue hanno forze sotterranee che nessuno
controlla. È successo che la lingua di tanti disperati messicani, per la sola
forza della loro ignoranza, è diventata la seconda lingua dei potentissimi
Stati Uniti. Chissà che anche l’italiano […]. In fondo una strada c’è già, e
papa Francesco la indica: come si dice da sempre, l’italiano è l’inglese dei
preti. Investiamo dunque in preti per difendere la nostra lingua.”
Articolo di Marani sul Corriere. |
POVERA LINGUA: Eh già:
povera lingua italiana. Mentre la classe “colta” o meglio, “dominante”, spinge
perché la lingua italiana sia sempre più messa da parte, nelle università, nelle
scuole, negli ospedali, nei documenti giuridici e legislativi, in rete, nel
linguaggio aziendale economico e informatico; dall’altro lato solo i preti, che
per lavoro stanno accanto agli ultimi della terra, continuano a privilegiare la
nostra lingua. La lingua dei poveracci.
Se davvero l’ultima
speranza, per salvaguardare l’italiano, è la povertà crescente , che ci darà
diritto ad un assistenza paternalista – come è quella della chiesa – ma nella
nostra lingua… allora poveri noi, e povera lingua.
Ma, in verità, anche in questo campo, in quello che Marani chiama "la forza dell'ignoranza", sono arrivati prima coloro che vogliono che l'italiano sia messo da parte. Infatti, un parallelo con la situazione messicana sarebbe accettabile se noi, impoveriti, decidessimo di emigrare senza conoscere le lingue. Così come abbiamo fatto nel passato, creando Little Italy a New York, per esempio. Ma, dicevo, si stanno già muovendo in questo senso: è proprio di pochi giorni fa la proposta di abbandonare l'italiano nelle scuole di frontiera, per facilitare l'emigrazione a chi non trova lavoro (cfr articolo).
Insomma: neanche con la "forza dell'ignoranza" ci lasciano parlare la nostra povera lingua povera.
Ant.Mar.
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