venerdì 23 novembre 2012

GLI SVIZZERI TUTELANO LA CULTURA ITALIANA. GLI ITALIANI?

L'italiano in Svizzera: lusso o necessità?

Anche gli svizzeri italofoni si accorgono della brutta direzione intrapresa dall’italiano, ma a differenza nostra, cercano di conservare la propria identità.

“L’italiano in Svizzera: lusso o necessità?” era il titolo del convegno su italianità e plurilinguismo nel municipio e nell’Università di Basilea il 16 e il 17 novembre scorsi, a cura dell’ateneo della città svizzera e della Asri, associazione svizzera per i rapporti economici e culturali con l’Italia a cui ha partecipato anche la direttrice della sezione di Italianistica della Università di Basilea Maria Antonietta Terzoli. Gli italofoni sono in discesa: si ha sempre meno emigrazione e le seconde e terze generazioni ormai si sono integrate con la cultura linguistica tedesca.

L’associazione “Coscienza svizzera” –  tra i promotori della petizione intitolata “Italicità: non solo Svizzera italiana” varata a margine delle giornate di riflessione – afferma, attraverso il presidente dell’associazione, l’economista luganese Remigio Ratti,  già direttore della RadioTelevisione Svizzera,  che l’italiano sta subendo una lenta marginalizzazione nel suo paese: « Usiamo il termine “italicità” nella petizione perché rivendichiamo l’urgenza che faccia quadrato la comunità di chi si riconosce, al di là delle origini e dell’esperienza di vita, in una comune matrice culturale italiana».

Loro, gli svizzeri, si riconoscono in una matrice culturale, la nostra, che noi calpestiamo quotidianamente. Loro, gli svizzeri, si muovono e cominciano a discutere per trovare soluzioni in difesa della lingua nostra, l'italiano, che noi disprezziamo e offendiamo quotidianamente.

E non scherzano affatto, loro: rivendicano l’importanza della propria identità chiamando in causa le basi stesse su cui la repubblica svizzera si è formata:


«Il plurilinguismo fu instaurato nel 1848 dai padri della Costituzione della Confederazione Svizzera ed era considerato come irrinunciabile per la coesione del Paese», si legge nel testo che sottolinea la preoccupazione di molti italofoni per il «deprezzamento dell’italiano in Svizzera» che sarebbe «una netta violazione della Costituzione della Confederazione Svizzera e della nuova Legge federale sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche».

Remigio Ratti, presidente di Coscienza Svizzera
«È da garantire che le lingue nazionali abbiano una chiara prevalenza rispetto ad altre, perfino nelle scuole. L’inglese non può sostituire una delle lingue nazionali» si legge nel testo, che chiede di «intraprendere le misure necessarie per combattere questo inquietante sviluppo».

Parole inaudite in Italia: l’inglese non può sostituire la lingua nazionale!? Vallo a dire al magnifico rettore del Politecnico di Milano, che dal 2014 userà unicamente l’inglese (clicca qui). E proprio facendo riferimento a questa illuminata decisione che il linguista ticinese Alessio PetralliL’italiano in un cantone (Franco Angeli, Milano 1990) e Media in scena e nuovi linguaggi (Carocci, Roma 2003) – esprime preoccupazione:

« Il problema è quanto noi italofoni svizzeri possiamo contare sul senso dell’identità linguistica che ha la “casa madre”, la vicina Italia: che, a mio avviso, soffre di un provincialismo molto spinto e rischia pure una passiva sudditanza rispetto allo strapotere dell’inglese».

Sono commosso: menomale che qualcuno, a parte gli italiani, parla italiano; perché gli italiani non se ne accorgono, o non gliene importa dell'eventualità che la lingua venga colonizzata; sono sudditi. Se si incazzano gli svizzeri, lasciatemi dire, è proprio che si è oltrepassato il limite della decenza.

Viva la resistenza ticinese!

Ant.Mar.

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