mercoledì 2 novembre 2011

UNA LINGUA INTERNAZIONALE: INGLESE vs ESPERANTO


L'esperanto è quella lingua creata a tavolino da Ludwik Lejzer Zamenhof, che sperava di farne lo strumento di comunicazione internazionale; in termine tecnico LAI, Lingua ausialiaria internazionale. Il problema della possibilità una lingua internazionale è lungamente trattato nella filosofia del linguaggio, in particolare nella seconda metà del 1800, in cui appunto nasce l'Esperanto. I principi che Zamenhof segue sono semplici: grammatica ridotta all'osso, assenza totale di anomalie e irregolarità (presenti in qualunque idioma naturale), lessico desunto da radici sia latine che germaniche che slave e altro ancora, in modo da rendere buona parte del vocabolario riconoscibile per i parlanti di almeno tutta Europa e del nord America. Inoltre le parole sono brevi, cioè facili da memorizzare, l'uso dei suffissi è massiccio, e questo permette una certa creatività. Vi sono gruppi che si battono per l'adozione dell'esperanto per i trattati internazionali, per l'insegnamento a scuola al posto dell'Inglese... insomma perché l'esperanto ricopra il ruolo che attualmente è dell'inglese, che fu del francese e prima ancora del latino. Esiste persino un certo ridottissimo numero di persone che sono di madrelingua esperanto (tra le 200 e le 2000 per Ethnologue), esiste una produzione culturale in questa lingua, siti, libri, anche Wikipedia ha la versione in esperanto.
incipit del vangelo secondo Giovanni in esperanto.
Zamenhof si vantava che le regole grammaticali di questa lingua, tutte, potevano essere imparate in 10 minuti. In effetti, leggendo l'inizio del vangelo di Giovanni (in principio era il verbo, e il verbo era con dio, e il verbo era dio...), la comprensibilità di questa lingua è sorprendente. Ma allora, perché nonostante gli indubbi vantaggi che comporta una creazione come l'esperanto è tuttora l'inglese ad essere usato come lingua internazionale? Perché l'inglese, bene o male, ha tutte le caratteristiche dell'esperanto, e per di più è già parlato da un numero impressionante di persone: basti pensare a USA India e Regno Unito. Innanzi tutto, la grammatica dell'inglese è davvero minima. Il sistema morfologico non prevede differenze particolari tra maschile e femminile. Per quanto riguarda l'etimologia, la lingua inglese presenta una ricchezza formidabile: anglo-sassone già ci dà un'idea di quanto si una lingua venuta fuori da una mescolanza di culture e idiomi. È vero che nell'inglese mancano quasi del tutto radici slave, presenti nell'esperanto; ma come l'esperanto se un latino riconosce una parte del vocabolario inglese, a un germanico risulterà familiare l'altra. Per questo, nonostante l'inglese sia a tutti gli effetti una lingua germanica, alcuni linguisti hanno coniato per questo idioma in particolare la definizione di lingua “semi-romanza”. Se io, che parlo italiano, riconosco senza difficoltà una parola come bottle, table; così un tedesco riconoscerà apple. L'effetto è quello voluto dall'esperanto. Inoltre l'inglese adotta ed ha adottato sempre una grande quantità di prestiti adattati e non; è praticamente formato solo di bisillabi e monosillabi ed ha la simpatica caratteristica delle parole onomatopeiche, come to yawn (sbadigliare). Quanto alla creatività dell'inglese non c'è neanche bisogno di dirlo; l'italiano non riesce a star dietro agli inglesi, per creazione di neologismi, senza una figura tipo D'annunzio. É anche vero che in questa lingua basta far precedere to a una parola perché questa diventi verbo subito declinabile (data la grammatica scarna).

In più l'inglese ha un vantaggio mostruoso sull'esperanto: è già parlato da metà della popolazione mondiale e studiato o conosciuto un minimo (anche solo per il fatto di possedere un computer) dall'altra metà. Basti pensare che un giapponese, sebbene nell'inglese non riconosca alcuna radice come propria, ha tuttavia ben 30'000 parole inglesi non adattate ormai entrate nel dizionario d'uso della lingua giapponese.

Ciononostante l'esperanto resta, teoricamente, migliore dell'inglese, in quanto non presenta alcuna irregolarità, e ha radici più ricche, che ne renderebbero facile la comprensione e l'apprendimento a una fetta più cospicua di popolazione. Sopratutto il rapporto scritto-orale è fedelissimo, mentre quello inglese è il più complesso tra le lingue occidentali.

La vera ragione per cui questa lingua non riesce ad imporsi (è comunque la più usata delle lingue artificiali) è proprio perché è artificiale. Questo non solo ne provoca il netto svantaggio che abbiamo già detto, di non essere madrelingua di (quasi) nessuno, ma in più la svincola da qualunque copertura politica, ideologico-culturale, persino militare. I motivi sono strettamente politici; e strettamente politici sono infatti i motivi dei gruppi di promozione dell'esperanto.
Prime dell'inglese si usava il francese; perché? Non c'è alcun motivo di semplificazione, vista la complessità grammaticale e morfologica e grafica del francese. I motivi erano strettamente politici; in quel periodo storico era la Francia l'impero dominante nel mondo. Poi fu l'Inghilterra e oggi sono gli USA. La dominazione non è solo militare, economica, giudiziaria; è anche, tristemente, culturale.

C'entra molto il “potere” della civiltà e della cultura che una lingua veicola, col “prestigio” di questa lingua. Non a caso ancora oggi i francesi continuano inutilmente a pretendere che sia il francese la lingua dei trattati; rimane comunque la lingua della giurisprudenza internazionale. Perché l'esperanto possa imporsi è necessario che tutti i paesi e tutte le lingua siano uguali una di fronte all'altra e che nessun paese abbia velleità di dominazione (anche solo culturale); cosa che non si è mai vista nella storia. Dietro l'esperanto non c'è nessun impero (ex)coloniale ricchissimo e (pre)potente; è chiaro che la causa è persa, ma d'altra parte non è che fosse una causa così fondamentale. In fondo, se devo imparare una lingua straniera, meglio che sia una lingua che porta su di sé traccia dell'evoluzione di una cultura, di una visione del reale; per cui va bene l'inglese, e magari domani il cinese, a patto che si resti coscienti della propria lingua madre originale.

Ant.Mar.

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