RENZIE : Sin dalla dichiarata
intenzione di “rottamare” la vecchia
politica, Renzi si presenta come un “giovane”, il nuovo che avanza e tutto
i resto; vuole farci credere di rappresentare la possibilità di un cambiamento nell’ottusa
e arrugginita società italiana. E ovviamente, con un’associazione di idee che è tutt’altro che giovane, e molto
provinciale o arciitaliana, giovane da
noi vuol dire ‘mezzo americano’. Potrei introdurre l’argomento richiamando
scherzosamente l’ormai noto miscuglio, provincialissimo e creato ad arte, tra
la figura di Renzi e Fonzie, raggrumato in RENZIE.
Un americano a Firenze. Alberto sordi era ‘mericano; Renzi è piuttosto “amerihano”, con la gorgia.
“Cos’è la destra, cos’è la
sinistra”, si chiedeva Gaber; a seguire la logica di quella canzone, di sicuro
l’America non era molto di sinistra una volta, ma soprattutto uno come Fonzie è… “sempre in fondo a destra”, in
quello che lui chiamava il suo ‘ufficio’.
Ma andiamo al punto: Renzi è
talmente amerihano da aver proposto,
come sua prima azione significativa da novello segretario de PD, niente popò di meno che un “job (o jobs, o job’s) act”. In Italia, dove, sembra ci sia bisogno di ricordarlo, si parla italiano, un politico concittadino di Dante, e italofono, fa un job act.
Una sola parola, ben sillabata: Ri-di-co-lo.
Come ridicola era (è) la Spending Review
(cfr articolo). Ridicolo per almeno 3 motivi.
JOB ACT – JOB BILL: Innanzi tutto
“job act” è ridicolo perché… è proprio amerihano
con la gorgia, visto che usa la lingua inglese
impropriamente. D’altronde la lingua inglese non è la sua lingua, né la
lingua delle persone, né delle istituzioni in questo dannato paese. Apparentemente si ispira all'American Jobs Act proposto da Obama. La lingua
inglese ha però due parole, Bill – che tutti i dizionari traducono , tra gli altri
significati, “progetto di legge”, e Act – che è quello che noi chiamiamo legge,
decreto, atto giudiziario.
A voler essere precisi, quindi, quello di Renzi è un Job Bill, finché
non verrà approvato dal parlamento, e avrà l’onore di essere promosso a Job
Act. In italiano lo chiameremmo “piano sul lavoro” o simili. Ma c’è appunto
questo secondo aspetto più nascosto è più tristemente ridicolo. Il fatto
appunto che le primissime voci che si
sono sollevate a criticare la scelta linguistica di Renzi, hanno corretto,
in maniera pedante e stupida, l’uso della lingua tecnica inglese, e non si sono sognate di dire una parola in
difesa della lingua italiana – Difesa
che non è mero nazionalismo o conservatorismo, ma che si traduce ad essere difesa del popolo italiano, del diritto di
usare la propria lingua, per poter capire,
e poter rispondere soprattutto.
Chissenefrega che ha usato male l’inglese, questo è proprio il minore
dei mali. Prova – ennesimo esempio più volte denunciato su questo spazio (cfrarticolo) – che per noi, la lingua inglese, non
vuol dire niente, o meglio che decidiamo noi cosa vuol dire, il nostro inglese (cfr articolo).
Job Act non vuol dire niente
perché, per quanto possiamo parlare bene una lingua straniera, non saremo mai in grado di cogliere le
diverse sfumature delle sue parole. Insomma, gli americani dicono “pepperoni”, non solo con due p, ma in
più per indicare tutt’altro che i peperoni. Noi diciamo Smoking per Tuxedo, alla stessa maniera, e altre parole inglesi… inventate da noi (cfr. articolo).
JOB-‘-S ACT: secondo livello di
assurdità. Io personalente ho visto – tra giornali cartacei e in rete – Job,
Jobs e Job’s precedere il famigerato – ed errato – Act. All’inizio, appena uscita, era Job Act; e lo è restata per un po’. Presto però si è aggiunta una -s- finale,
quasi sempre attaccata, a significare il plurale, o talvolta apostrofata, a indicare il genitivo. Su Google italia si trovano 1.010.000.000
risultati per Jobs act, 842.000.000 per Job Act, 1.430.000.000 per Job’s Act.
Perché questa varietà, o
indecisione? Sarà forse perché… non è la
nostra lingua? il che comporta che non
sappiamo quale sia la formula scelta dall’”inventore” della parola – cioè il
nome che Renzi ha dato alla sua proposta di legge – né quale sia la formula “corretta”, trattandosi di inglese tecnico
giuridico. Il che vuol dire sostanzialmente che per noi, non vuol dire niente, e lo riempiamo col significato che vogliamo.
(Apro una parentesi: “riempiamo
col significato che vogliamo”.
Questo è il nucleo del processo
psicologico a cui mirano gli esperti della squadra renziana, che dovrebbe scattare se la mossa
comunicativa convince il consumatore… ehm cioè, lo spettatore… volevo dire, il
cittadino. Se non vuol dire niente, può
voler dire tutto…)
La prova sta in job’s act,
con l’apostrofo. Il tentativo un po’ maldestro di mettere in relazione le
due parole con una particella “esterna”…
Gli è scappato, naturale come
respirare, una tendenza costruttiva italiana (riforma, atto, piano etc. + del/sul/per
il/ etc + Lavoro/i), mentre in inglese, la semplice apposizione sintattica job
+ act, mette in relazione le due parole. È la prova che chi l’ha scritta,
partiva dalla lingua italiana. E perché
partiva dalla lingua italiana? Perché l’inglese non è la sua lingua. Uno la
cui lingua madre è l’inglese, non si chiede: “come si dice in inglese Jobs Act?”,
se capite cosa intendo.
DEMOCRAZIA: Ma soprattutto, ed è
questo il più importante, questo uso dell’inglese a caso da parte dei
giornalisti e dei politici, crea un
problema di democrazia, di libertà. Se base della democrazia è non solo il mero
accesso alle informazioni, ma la capacità di comprenderle. A ogni nuovo
anglismo imposto dalla classe dirigente, lo denunciamo. Innanzi tutto non c’è rispetto per l’interlocutore,
che saremmo noi, visto che non siamo tenuti a conoscere l’inglese di Shakespeare,
e ancor meno quello tecnico della giurisprudenza e dell’economia – ben diverso
dal “buon” inglese di Romeo and Juliet.
Ma ancora più del poco rispetto;
ancora peggio del’inglese come etichetta vuota e quindi usata a sproposito e
capace di accogliere tutte le nostre speranze – che il Jobs con la s sia un richiamo
inconscio allo Steve Jobs che gli italiani considerano un genio-lavoratore? Oltre
a questo, c’è un inglese che, coscientemente o no, ha come risultato più
evidente, quello di escludere di fatto
da ogni dibattito il povero cittadino italiano.
Nel caso di Spending Review avevamo denunciato, per ben tre volte, le strane
traduzioni proposte, per vedere come si era presi in giro. Si concludeva “chi
potrà accorgersene se, dicendo di fare una spending review” faranno invece una
riduzione delle spese?”
Si potrebbe fare qualcosa di
simile, anche se ancora traduzioni esatte di Job Act non sono state proposte.
Basta però fare un salto sull’ottimo
sito “Terminologia etc” che ci spiega esattamente e in maniera approfondita
i significati che nel mondo anglosassone ha Job Act, e scoprire che in poche ore ha avuto innumerevoli
visite. Come mai?
Ancora una volta: perché l’inglese
non è la nostra lingua, e se gli
italiani vogliono partecipare e informarsi, devono, ancora prima di farsi
un’idea, consultare un dizionario inglese-italiano
e un sito serio che gli spieghi che cosa diavolo stiano dicendo… questi
amerihani.
Non se ne può più dell’associazione
giovane+nuovo=americano, è vecchia, andava bene negli anni 50-60. È tutt’altro
che giovane.
Non se ne può più dell’inglese
inutile, usato anche a dispetto dell’efficacia della lingua italiana.
Non se ne può più di quest’uso
pubblicitario che s fa della lingua inglese in politica.
Non se ne può più della classe
colta italiana così propensa a usare l’inglese
come Don Abbondio usava il atino per confondere Renzo (qualcuno ha detto,
abilmente, “inglesorum”).
Non se ne può più di tutta questa
ridicolaggine. Renzie e il suo Jobs Act sono ridicoli.
Ant.Mar.
Ottimo articolo, .... avessero i giornali, principali responsabili della disffusione degli inutili e pessimi anglicismi, il coraggio di pubblicare contributi come questo!
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