‘GOOGLARE’: un po’ in
tutte le lingue europee si è sviluppato un nuovo verbo che sintetizza l’azione
che in italiano si esprime “cercare su google”. Esiste anche in italiano,
purtroppo, anche se, per fortuna, è poco diffuso e utilizzato. Così è molto
poco usato in Francia (googler) e in molti paesi, dove comunque si registra. In
Svezia, invece, è abbastanza comune, in particolare sotto la forma di aggettivo,
“ogooglebar“, traducibile in italiano
come *ingooglabile, cioè che non si può cercare su Google.
Ebbene:
se il verbo googlare sparso in tutta
Europa non dà alcun fastidio a Google, glielo dà invece l’aggettivo svedese, proprio per questa sua accezione
negativa che rischia di registrare un
limite nell’onnipotente motore di ricerca. L’aggettivo implica
anche l’eventuale volontà di non essere
trovati, di celare la propria identità al motore tramite espedienti di
vario tipo, la possibilità, cioè, di
sfuggire ai tentacoli della rete.
Tanto è
importante la questione d’immagine che il colosso americano ha ingiunto il
Consiglio della Lingua Svedese, un
po’ l’equivalente dell’Accademia della Crusca, di ritirare la parola anche se regolarmente utilizzata, perché
potrebbe danneggiare il logo. Così lo Språkrådets, ossia l’istituto svedese per i neologismi, ha annunciato che ritirerà dalla lista
delle nuove parole svedesi del 2012 il termine. Dopo questo annuncio, i
media svedesi sono scandalizzati e il
portavoce dell’Accademia Svedese – quella che assegna il premio Nobel per
la letteratura – ha dichiarato che l’accademia è pronta al conflitto con Google, se quest’ultimo continuerà a immischiarsi negli affari linguistici della
Svezia.
Ma per il momento, la parola è revocata, e non si può
usare. O meglio, si continuerà ad usare, come è ovvio; ma non sarà possibile registrarla in nessun dizionario né usarla in
ambiti ufficiali. E ironia della rete, non è affatto "ingugolabile": ogooglebar si trova su Google...
LA PROPRIETÀ DELLE
PAROLE: Ci sono moltissimi casi di
parole “private”, che cioè hanno un
preciso inventore e che sono dei marchi registrati. “Nutella” è una di queste, ma è ormai
usata nel senso di “crema al cacao e nocciole”; tanto che si trovano delle
ricette per la “nutella fatta in casa”. Ma anche “sottiletta”, non è, in origine, il modo italiano di chiamare la
fettina di formaggio fuso; è il nome commerciale di una marca ben precisa. Le altre,
se ci fate caso, si chiamano diversamente: ho
visto anche delle “fusette” non meno efficaci secondo me. È vero anche il fenomeno inverso:
espressioni naturali, del popolo, che vengono prese e “privatizzate” da
pubblicitari e abili cercatori di motti efficaci. Un minuto di silenzio per il
caro vecchio “forza Italia”.
Si potrebbero fare
molti altri esempi, e non solo in italiano: in tutte le lingue occidentali
(almeno). È uno dei frutti della società consumistica di massa: la pubblicità influenza da sempre, e in
profondità, il nostro linguaggio. Questo rende il pubblicitario, o l’inventore
di un oggetto, o chi per lui, proprietario della parola? Cosa succedrebbe se
non si potesse più chiamare le sottilette
sottilette? Sarebbe un’ingiustizia,
ci ruberebbero qualcosa che è nostro di diritto. Non si può pensare di
privatizzare il linguaggio, né di controllarlo. Neppure quando la parola in
questione è, dal mio punto di vista, non proprio bella, come “gugolare”, o ingugolabile.
Ant.Mar.
Per altro lo stesso Google fu un errata trascizione di googol, termine utilizzato per indicare un numero molto elevato (identificato in 10^100) ma diverso da infinito, per cui c'è stato un doppio furto direi.
RispondiEliminaThis is a ggreat post
RispondiElimina