mercoledì 17 aprile 2013

Accisa sull'alcole, il burocratese, i gusti linguistici


Bottiglia con Accisa sull'alcole

Prendete una bottiglia nuova di grappa o di qualche altro superalcolico. Vi accorgerete che sopra il tappo è incollata una striscia di carta simile a quella che sui trova sui pacchetti di sigarette. Cosa sia questa strisciolina di carta c’è scritto sopra:

“Accisa sull’alcole etilico. Bevande alcoliche contrassegno di stato”

RIMASUGLI: nel linguaggio burocratico (cosiddetto burocratese), una delle declinazioni più brutte e diaboliche della lingua italiana moderna, oltre ai vari giri di parole inutili, c’è la tendenza a usare parole desuete, probabilmente perché si percepiscono come più esatte. Tra le altre caratteristiche tragicomiche di questo linguaggio vi sono alcune piccole forme, ereditate da secoli passati, e oggi talmente in disuso da risultare incomprensibili.

È il caso del anteposto alla data: “Roma, lì 27-4-1990”. Oggi si trova sistematicamente con l’accento: è cioè interpretato come indicante il luogo di redazione del docuento. Come dire Roma, proprio lì. In realtà si tratta di un articolo, come si usava secoli orsono, quando i numeri avevano bisogno dell’articolo plurale. Oggi diremmo “i 27 gennaio”, allora dicevano “li 27 gennaro”, come dicevano “li cani”.


Si potrebbero fare altri esempi di rimasugli linguistici di questo tipo, ma questo è probabilmente l’esempio più divertente e meno preoccupante.

ALCOLE, pl. ALCOLI: anche questo è un rimasuglio di questo tipo. Non so a quando risalga l’accisa sull’alcol, forse in epoca fascista: questo spiegherebbe molte cose.

Ad ogni modo è grazie a questa caratteristica assurdità del burocratese che sono venuto a conoscenza del fatto che persino di alcol – che oggi oscilla tra la grafia italianeggiante e quella anglicizzante alcool, peraltro sbagliata: sarebbe alcohol – esiste l’alternativa completamente italianizzata, riportata da tutti i dizionari, ormai usata solo dal burocratese.

È divertente pensare che oggi, se qualcuno dicesse “alcolesarebbe magari preso per un burino
semi dialettale, che non riesce a impedirsi la vocale finale. Un po’ come quelli che dicono “compiùtere”, pronunciando una e finale un po’ timida; o come chi non riesce a non dire pissicologia per psicologia.  

Si tratta per lo più di persone anziane, o di livello medio-basso; nel secondo caso del sud. È il sistema fonico a cui sono adattati sin da quando nacquero che gli impedisce di pronunciare un po’ più correttamente queste parole, non è l’ignoranza. Così come non è ignoranza, ma fedeltà il plurale di “euri”, usato sopratutto (guarda caso) nel Lazio e in Toscana. Lo dimostra il fatto che esistano alcole e alcoli, usato regolarmente quando i limiti della comunicazione e della globalizzazione rendevano più difficile adattarsi a parole “strane” o “straniere”.

Alcole parola alta, rara, antica; compiùtere parola bassa sbagliata, come euri; tutte percepite, almeno, come strane rispetto all’uso. Da che ci veniva naturale aggiungere la vocale finale a alcol, fino a oggi, dove quella stessa vocale finale ci pare un errore, un sintomo di ignoranza. Giusto per riflettere su quanto i gusti e le convinzioni linguistiche siano cambiati.

Ant.Mar.

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