Abbiamo parlato,
qualche tempo fa, dell’analisi compiuta dall’Accademiadella Crusca sull’italiano veicolato dai mezzi d’informazione, in
particolare televisione, radio e giornali. I risultati non erano incoraggianti:
il livello di italiano è pericolosamente
sceso, a partire dagli anni ’80, e non tanto perché oggi si dia spazio alle
varie parlate regionali, né perché i nostri giornalisti e presentatori, spesso,
dimenticano l’uso corretto del congiuntivo, o tendano a sostituire parole
italiane, chiare, con parole inglesi, inutili. Il problema principale denunciato dalla Crusca era il livello dei
messaggi, più che la loro forma. Si tende, per fare ascolti, per fare
scalpore, ad usare un linguaggio sempre
meno esatto e sempre più spettacolarizzato, esagerato, col trionfo di mega- super- iper- ecc. Un linguaggio
che riesca ad attirare, anche con l’inganno, gli utenti, che poi sotto il
titolo allarmante trovano un articolo che c’entra poco e niente.
È
un po’ la stessa caratteristica del linguaggio pubblicitario:
brevità, gioco, impatto immediato. Questo si cerca nei motti pubblicitari,
questo si cerca nei titoli di giornali e tg. Partiamo da queste brevi
considerazioni per proporre una piccola riflessione sul “governissimo”, parola che è stata creata dai giornalisti in questi ultimi tempi. Già quel
superlativo rientra a pieno titolo nella “spettacolarizzazione” ed “esagerazione”
del linguaggio dei media di cui parla l’Accademia della Crusca.
Ma cominciamo dicendo
che, in caso non se ne fosse accorto nessuno, questa parola è tecnicamente sbagliata, poiché il suffisso
superlativo –issimo, in italiano, non
si può attaccare che alla fine degli aggettivi, e “governo” è un sostantivo. Ma, niente di grave, anzi, in fondo
testimonia la ricchezza dei suffissi italiani – una miniera di sfumature che dovremmo usare di più per adattare le
parole inglesi che piovono continuamente nel nostro dizionario.
Non sto a discutere
sulla validità politica che un “governissimo” potrebbe avere, né sulla sua
effettiva capacità di cambiamento, che mi pare sarebbe davvero minima. Ciò che
interessa segnalare è che questa novità di aggiungere un suffisso per aggettivi
ai sostantivi, si sta sempre più
diffondendo in un ambito ben preciso del linguaggio: la pubblicità. Non è
ormai così strano sentir parlare, o vedere scritto, “saldissimi”, “scontissimi”… se ricordo bene, non molto tempo fa c’era
una pubblicità persino per un “divanissimo”,
sparsa per i muri di Roma.
Un’informazione “pubblicitaria”,
è lampante, crea un popolo sempre meno di “informati”, ma di “consumatori” di
notizie. Banalizza, ci rende superficiali, ci fa parlare e quindi ragionare come
in un immenso twitter, solo per motti
di spirito e frasi ad effetto, rigorosamente brevi.
Ecco, allora, una conferma effettiva di quanto dice l’Accademia
della Crusca: il linguaggio giornalistico, per attirare, usa gli stessi espedienti dei pubblicitari. Ma i pubblicitari, di
grazia, non sono pagati per dire e diffondere il reale, la verità su ciò che ci
circonda. Anzi, il loro lavoro direi è l’esatto
contrario di quello che un giornalista dovrebbe fare. Uno mistifica, l’altro
de-mistifica.
In teoria, ovviamente.
Ant.Mar.
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