lunedì 25 marzo 2013

'GOVERNISSIMO'



Abbiamo parlato, qualche tempo fa, dell’analisi compiuta dall’Accademiadella Crusca sull’italiano veicolato dai mezzi d’informazione, in particolare televisione, radio e giornali. I risultati non erano incoraggianti: il livello di italiano è pericolosamente sceso, a partire dagli anni ’80, e non tanto perché oggi si dia spazio alle varie parlate regionali, né perché i nostri giornalisti e presentatori, spesso, dimenticano l’uso corretto del congiuntivo, o tendano a sostituire parole italiane, chiare, con parole inglesi, inutili. Il problema principale denunciato dalla Crusca era il livello dei messaggi, più che la loro forma. Si tende, per fare ascolti, per fare scalpore, ad usare un linguaggio sempre meno esatto e sempre più spettacolarizzato, esagerato, col trionfo di mega- super- iper- ecc. Un linguaggio che riesca ad attirare, anche con l’inganno, gli utenti, che poi sotto il titolo allarmante trovano un articolo che c’entra poco e niente.

È un po’ la stessa caratteristica del linguaggio pubblicitario: brevità, gioco, impatto immediato. Questo si cerca nei motti pubblicitari, questo si cerca nei titoli di giornali e tg. Partiamo da queste brevi considerazioni per proporre una piccola riflessione sul “governissimo”, parola che è stata creata dai giornalisti in questi ultimi tempi. Già quel superlativo rientra a pieno titolo nella “spettacolarizzazione” ed “esagerazione” del linguaggio dei media di cui parla l’Accademia della Crusca.


Ma cominciamo dicendo che, in caso non se ne fosse accorto nessuno, questa parola è tecnicamente sbagliata, poiché il suffisso superlativo –issimo, in italiano, non si può attaccare che alla fine degli aggettivi, e “governo” è un sostantivo. Ma, niente di grave, anzi, in fondo testimonia la ricchezza dei suffissi italiani – una miniera di sfumature che dovremmo usare di più per adattare le parole inglesi che piovono continuamente nel nostro dizionario.

Non sto a discutere sulla validità politica che un “governissimo” potrebbe avere, né sulla sua effettiva capacità di cambiamento, che mi pare sarebbe davvero minima. Ciò che interessa segnalare è che questa novità di aggiungere un suffisso per aggettivi ai sostantivi, si sta sempre più diffondendo in un ambito ben preciso del linguaggio: la pubblicità. Non è ormai così strano sentir parlare, o vedere scritto, “saldissimi”, “scontissimi”… se ricordo bene, non molto tempo fa c’era una pubblicità persino per un “divanissimo”, sparsa per i muri di Roma.

Un’informazione “pubblicitaria”, è lampante, crea un popolo sempre meno di “informati”, ma di “consumatori” di notizie. Banalizza, ci rende superficiali, ci fa parlare e quindi ragionare come in un immenso twitter, solo per motti di spirito e frasi ad effetto, rigorosamente brevi.

Ecco, allora, una conferma effettiva di quanto dice l’Accademia della Crusca: il linguaggio giornalistico, per attirare, usa gli stessi espedienti dei pubblicitari. Ma i pubblicitari, di grazia, non sono pagati per dire e diffondere il reale, la verità su ciò che ci circonda. Anzi, il loro lavoro direi è l’esatto contrario di quello che un giornalista dovrebbe fare. Uno mistifica, l’altro de-mistifica.

In teoria, ovviamente.

Ant.Mar.

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