Manzi, l'insegnante di "non è mai troppo tardi" |
IL RUOLO STORICO DELLA
TV: I mezzi di comunicazione di massa, e in particolare la televisione, come ha
notato per primo De Mauro, hanno avuto un ruolo
fondamentale per l’effettiva unificazione linguistica dell’Italia, portando
la lingua ufficiale nelle case di tutti gli italiani, i quali, poco a poco si
sono abituati e hanno cominciato a comprenderla e a saperla usare. Questo ruolo
importantissimo della televisione è simboleggiato
dal programma “Non è mai troppo tardi”,
andato in onda fino al 1968, che insegnava proprio
come in una classe di prima elementare, a leggere e scrivere. Oggi fa tenerezza vedere, su youtube,
le dolci vecchiette con tanto di fazzoletto in testa alla contadina, leggere
frasi del tipo “il gatto mangia la mela”. Eppure
molti italiani ne avrebbero bisogno ancora oggi: l’analfabetismo di ritorno
è diventato un grosso problema, ed è dovuto principalmente al fatto che nel
nostro paese mancano istituzioni e
iniziative per l’acculturamento continuo
degli adulti, a differenza di TUTTI gli altri paesi “sviluppati”.
L’italiano che allora
veniva veicolato – e insegnato – in tutta la penisola era un italiano corretto da tutti i punti di vista: chi lavorava in
tv o in radio doveva superare un corso
di dizione piuttosto severo; per cui nessuna cadenza regionale era accettata.
C’erano poi le regole redatte da Carlo
Emilio Gadda – che in buona parte andrebbero oggi riprese – e la censura,
bigotta, che vietava ad esempio l’uso della parola “membro”, anche in frasi del
tipo “membro del governo”, che rendeva quel linguaggio “corretto” anche
politicamente, magari troppo...
L’ITALIANO TELEVISIVO
OGGI: Ma oggi, com’è la situazione? Non c’è bisogno di un profondo conoscitore
della lingua per accorgersi che molte cose, nel linguaggio televisivo odierno,
si sono perse. Tuttavia la tv non ha
smesso di essere “insegnante”: di fatto porta dentro le case di tutti una
lingua, solo che non è più una lingua corretta; per cui l’insegnante è
diventato piuttosto un Lucignolo,
che ci porta, attraverso lo spettacolo e l’intrattenimento verso il paese dei
balocchi, fino a trasformarci in asini.
Non è solo la libertà dialettale, cioè la forte
presenza di varie cadenze – soprattutto quella romana in Rai e lombarda in
mediaset – ad impoverirci, né è tanto il
congiuntivo sempre più latente, o i
pronomi usati a sproposito: il problema sta nella stessa qualità dei messaggi.
Ne
hanno parlato ieri al convegno Il portale della tv, la tv dei portali, organizzato dall’Accademia della Crusca per
presentare la nascita del portale italianotelevisivo.org,
un archivio di video e trascrizioni dagli
anni 50 ad oggi, per analizzare il modo in cui l’italiano del piccolo
schermo è cambiato in questi decenni. Spiega Marco Biffi, coordinatore del
progetto che “gli utenti troveranno banche-dati consultabili e
interrogabili, articoli già
pubblicati o inediti, tesi di laurea
e di dottorato, un’ampia bibliografia.
E infine ci sarà un serbatoio lasciato all’arricchimento degli utenti
attraverso video e trascrizioni che saranno vagliati per
la pubblicazione. Un’attenzione particolare è data all’integrazione sempre
maggiore tra la lingua della televisione
e quella del web.” (ha detto proprio così: web)
Il convegno, presentato
da Nicoletta Maraschio, Presidente dell’Accademia della Crusca, ha tra i
partecipanti linguisti, sociologi e mass-mediologi con l’intento di
affrontare l’evoluzione della lingua italiana della televisione; ed è stato organizzato per rendere noti i risultati di
una ricerca appena conclusa e finanziata dal Ministero dell’Istruzione e
della Ricerca.
È
uno strumento importante – afferma Nicoletta Maraschio – e permetterà di affrontare il linguaggio
televisivo secondo precisi riferimenti scientifici. Proprio grazie a questo
studio metodico e scientifico, l’Accademia
della Crusca boccia irrevocabilmente l’italiano veicolato oggi dalla
televisione.
QUANDO È INIZIATO? Ancora
una volta, vediamo che l’impoverimento culturale e morale degli italiani è
strettamente legato con la televisione degli
anni ’80; quella da cui sono nati prodotti come Berlusconi. Il che la dice lunga.
Secondo gli studi della
Crusca infatti “dagli anni ’80 in tv il
linguaggio comune è stato abbandonato a favore di un parlato artificioso,
concepito per spettacolizzare i contenuti e questa è diventata la norma, sia nell’informazione
che nell’intrattenimento”. Questo provoca un impoverimento linguistico, che significa sempre e necessariamente
un impoverimento del pensiero, delle
capacità critiche, e quindi della libertà
individuale di pensiero.
In
particolare ciò che è interessante nei risultati della
ricerca è proprio la distanza che si
è creata, soprattutto nell’ultimo decennio, tra la lingua vera, parlata dagli italiani, e quella televisiva,
composta di frasi fatte e anglicismi inutili. Ci stiamo sempre più americanizzando, diamo nomi femminili alle
tempeste, come fossero uragani, ma sono solo semplici tempeste europee. Le ultime
elezioni sono state seguite con “exit/instant poll” ecc ecc.
Nei
telegiornali, come nell'intrattenimento e nelle pubblicità, qualsiasi piccolo
evento o prodotto è diventato straordinario,
incredibile, fantastico, meraviglioso, magnifico, eccezionale, misterioso,
spettacolare, clamoroso, stupendo e mitico, che si tratti del super latitante e della super storia; mega e iper la fanno da padroni. L'importante
è esagerare sempre e comunque, fare spettacolo.
MA
NON TUTTO È PERDUTO: Bisogna però, è giusto sottolinearlo, guardare caso per
caso. Molti singoli programmi, come “La
storia siamo noi” di Rai3, hanno una buona tenuta. E, sorpresa: In alcune serie, penso a esempio a Centovetrine, tuttora in corso, o Incantesimo, ma ce ne sarebbero altre, resiste l'utilizzo di un linguaggio alto, di tipo letterario, come usava nei teleromanzi
di una volta, spiega Gabriella
Alfieri dell'università di Catania. Peccato
però, aggiungo io, che se la lingua risulta corretta, non lo sia il
messaggio; e peccato soprattutto che non vi sia, comunque, un rispecchiarsi
reciproco tra l’italiano reale e quello televisivo. L’errore, in questo caso non è verso il basso, ma verso l’alto:
troppo “letterario” comunque non va bene, ma probabilmente è meglio che troppo
americano.
Il
problema è soprattutto che la televisione non ha smesso di essere una maestra,
è solo diventata – peggio ancora! – una cattiva
maestra. E questo si vede in particolare nei nuovi media, il cui linguaggio è strettamente apparentato con
quello televisivo, e che hanno lo stesso ruolo, probabilmente ancora più invasivo, di insegnanti:
sulla rete sta nascendo un vero e
proprio nuovo linguaggio, in perenne e rapidissima evoluzione, che lascia
le vecchie generazioni spesso isolate. In rete infatti, ognuno è potenzialmente produttore di contenuti, e, soprattutto, impera l’inglese, perché, in mancanza
di un organo di filtro, gli italiani
risultano troppo pigri e supini, o ignoranti
o infedeli alla propria lingua, per
tradurre e/o usare termini italiani. Una buona parte dei nostri connazionali,
addirittura, non usa affatto l’italiano per comunicare su internet; cosa che è
più che evidente se andate a curiosare sulle presentazioni Twitter di molti
utenti italiani.
Che ci sia un legame
tra questo bombardamento trentennale di povertà e banalizzazione e la situazione politica italiana?
Ant.Mar.
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