(da www.gazzetta.it)
Aneddoti, avventure e genialità poco conosciute di una carriera che decolla in Gazzetta. Quella volta che intervistò Paavo Nurmi in latino e la polemica per cui lasciò la rosea. Le imprese da partigiano e i neologismi: da "delfinare" a "scarriolare"
Gianni Brera con l'inseparabile pipa. Arch. Gazz. |
Cinque in Italiano e cinque in Dottrina Fascista. Gianni
Brera, maestro della lingua, inventore del linguaggio sportivo, li prese
al Liceo Taramelli di Pavia. Il secondo voto, certo, spiega il primo.
Brera non era abituato a flettersi. Per questo si schierò nella
Resistenza e divenne l'aiutante maggiore "Gianni", partigiano della 83ª
Brigata Garibaldi "Luigi Comoli", che operava in Alta Valdossola.
Il 19 dicembre sono vent'anni dalla morte di Brera. Questo ci consente di ritrovare qualche perla perduta per i giovani che non l'hanno conosciuto. Giovanni Brera, figlio di Carlo e Maria Ghisoni, era nato a San Zenone Po, in provincia di Pavia, l'8 settembre 1919. Studiò a Milano e a Pavia, dove conseguì la maturità scientifica nel 1938 e poi la laurea in Scienze Politiche. Cominciò a scrivere a 16 anni sul "Corriere del calcio" e sul "Popolo" di Pavia. A 19 compare sul "Guerin Sportivo", firmandosi GIBIGIANNA.
Il 19 dicembre sono vent'anni dalla morte di Brera. Questo ci consente di ritrovare qualche perla perduta per i giovani che non l'hanno conosciuto. Giovanni Brera, figlio di Carlo e Maria Ghisoni, era nato a San Zenone Po, in provincia di Pavia, l'8 settembre 1919. Studiò a Milano e a Pavia, dove conseguì la maturità scientifica nel 1938 e poi la laurea in Scienze Politiche. Cominciò a scrivere a 16 anni sul "Corriere del calcio" e sul "Popolo" di Pavia. A 19 compare sul "Guerin Sportivo", firmandosi GIBIGIANNA.
Partigiano —
Poi venne la guerra. L'ultima sua operazione fu il salvataggio della
galleria del Sempione e di alcune centrali idroelettriche, che i
Tedeschi, vinti, volevano far saltare con 60 tonnellate di tritolo.
L'esplosione avrebbe prodotto danni enormi e la distruzione di Varzo.
Brera compì il sopralluogo, fece lo schizzo del deposito dell'esplosivo,
suggerì come disinnescare gli ordigni e, quando il 22 aprile 1945 la
complessa operazione riuscì, stilò anche il rapporto per il Clnai. Poi
la Liberazione e la resa dei conti, Piazzale Loreto.
In Gazzetta —
La Gazzetta dello Sport risorge il 2 luglio 1945. La dirige Bruno Roghi,
che ingaggia quattro giovani che faranno la storia del giornalismo:
Luigi Gianoli, Mario Fossati, Giorgio Fattori e Gianni Brera. Giovanni
Mosca tiene la sua rubrica "Gradinate". Roghi firma i suoi corsivi
stupendi "il ghiro". La qualità è altissima. Brera si fa largo lì. Ha 25
anni. Entra nella sede del giornale, in via Galilei 7, con le scarpe da
paracadutista e una cicatrice sul naso, fatta da un proiettile tedesco
durante un rastrellamento. Roghi gli dà l'atletica. Brera si applica.
Scopre Consolini e s'innamora. Poiché la redazione è ridotta, quando, il
14 ottobre, riprende il campionato anche Brera fa le partite. Esordisce
il 28 ottobre a Genova con Sampierdarenese-Torino 0-5. Trova Pozzo in
tribuna e lo intervista, un pezzo che apre la prima pagina il martedì.
Non sempre ha così fortuna. Il 4 novembre è inviato a Modena-Genova. C'è
l'alluvione. Funziona un solo cavo telefonico e serve per l'emergenza.
Ha la linea alle 3 di notte. Il suo pezzo esce il mercoledì. Non è un
articolo da buttare. Lì incomincia a usare vocaboli nuovi o rari. Ecco
"scombuiare", mettere sottosopra, e "anfanare", parlare a vuoto. Ma nel
suo primo articolo dall'estero regala un diamante. Va in Svezia per
seguire Consolini, che il 14 aprile 1946, al Giuriati, aveva portato il
record del mondo del disco prima a 53,69, poi a 54,23. Un viaggio
tempestoso. Brera scrive: "l'aereo delfinava tra le nubi". Un'immagine
bellissima e poetica. Lo Zanichelli data il lemma "delfinare" al 1983,
invece Brera lo usa nel 1946. Inventa anche "scarriolare" ("ansimava
l'aereo scarriolando traverso i pochi spiragli") e "discorsesse",
discorsi pallosi. Usa anche "cianciugliare", parlare balbettando,
"bambagioso" ("nubi fosche e bambagiose"), "dimoiare", liquefarsi,
"ruscellare" ("ruscellando le acque a valle"), "verzicare", cominciare a
verdeggiare.
Nomignoli —
La lingua è per lui creta da plasmare. Tutti gli sportivi conoscono i
soprannomi che Brera ha dato agli eroi dello sport: Bartali "Frate
Cipolla", Riva "Rombodituono", Bagnoli "Schopenhauer", Gimondi "Nuvola
Rossa", Rivera "L'Abatino". Non tutti sanno, però, che Rivera è il terzo
"Abatino" di Brera. Il primo fu Giorgio Albani, ciclista elegante ed
occhialuto, il secondo Livio Berruti, olimpionico dei 200 a Roma. Brera
era un creativo. In quella trasferta scandinava va con Consolini in nave
da Stoccolma a Turku (Finlandia) sul Baltico. A bordo trova il mitico
Paavo Nurmi. Cerca di intervistarlo. Nurmi, però, parla solo finlandese.
Brera tra i passeggeri trova il banchiere Toivo Aro, che sa il latino.
Così intervista Nurmi in latino su temi d'attualità. Un pezzo
esilarante. "Quid cogitat Paavus de Haegi et Andersonii
dequalificatione?". Che cosa pensa della squalifica di Haegg e
Andersson? E poi: "Quod dequalificatus est Paavus ante losangelensem
Olympiadem?". Perché è stato squalificato prima dei Giochi di Los
Angeles? La risposta è degna di Cesare: "Error fuit". Non stupisce la
sua carriera folgorante. Il 9 gennaio 1950, a 30 anni, Brera diventa
"condirettore responsabile", accanto al direttore Giuseppe Ambrosini. Ma
perché, il 26 novembre 1954, Brera rassegna le dimissioni? Un contrasto
con la proprietà su Vladimir Kuts. Era il tempo della Guerra Fredda e
per la proprietà Kuts era un bieco comunista, un figlio di Stalin. Per
Brera era un campione.
Claudio Gregori (articolo originale: Gazzetta.it)
Nessun commento:
Posta un commento
ogni commento non costruttivo sarà eliminato.