martedì 30 aprile 2013

PREITI E GOVERNO: LINGUAGGIO VIOLENTO, LINGUAGGIO DI VERITÀ E SOSPETTO



Luigi Preiti

LINGUAGGIO VIOLENTO: Dopo la sparatoria a Palazzo Chigi che ha visto due carabinieri feriti da Luigi Preiti, si sono sprecate le considerazioni sul linguaggio

La colpa è del linguaggio, di questo o di quello, di tutta la politica… insomma, Luigi Preiti, pare, ha fatto quello che ha fatto non per una condizione oggettiva senza vie d’uscita – con grossa responsabilità dello Stato – ma per colpa di chi parla in tv e chi scrive su giornali.

Ovviamente il primo bersaglio è stato Beppe Grillo, che col suo “linguaggio violento” ha incitato i deboli di spirito, come Preiti, a voler uccidere i politici. Questo è quantoafferma Alessandra Moretti del PD. 

Ovviamente Grillo ha risposto che mica è colpa sua, non è il suo linguaggio il punto  e se c’è chi aizza alla violenza, bisogna andarlo a cercare tra le file dei politici, in particolare queli del PDL. Non è linguaggio violento il dito medio di Gasparri? 


LINGUAGGIO DI VERITÀ: Insomma, se vogliamo cambiare, dobbiamo cominciare dal linguaggio.

È proprio per questo che Napolitano ha invitato i politici, nel suo discorsone di ri-insediamento, a
parlare, adesso, un “linguaggio di verità”: consiglio che ovviamente il nuovo Presidente del Consiglio Enrico Letta segue pedissequamente, ribadendo: “parlerò con il linguaggio sovversivo della verità”. Che vuol dire tutto e niente; ma “sovversivo”, di questi tempi, è una parola che piace.

IL SOSPETTO: se l’idea è davvero che, per cambiare testa bisogna cambiare modo di parlare, non posso che essere d’accordo. Però viene il sospetto che qui si voglia cambiare SOLO il linguaggio: usarlo come una facciata, un muro. Ancora di più. Una delle espressioni più false che abbia mai sentito è proprio “linguaggio di verità”: non vuol dire nulla. Vuoto totale. Un vuoto da riempire con una verità qualsiasi, con una propaganda.

Dico questo perché non posso non pensare che ci prendano per dei completi idioti: il fatto di Preiti non è esemplare? Preiti è uno di quelli, tanti, che si sono suicidati: solo che lui ha pensato di farlo in modo eclatante, di fargliela pagare in qualche modo. Ma loro non solo non capiscono che si possa giungere a un tale livello di disperazione, ma soprattutto non riescono nemmeno a concepire che abbia una minima capacità di critica autonoma e una qualche forma di intelligenza: se è così incazzato è perché loro, cioè chi gli dice cosa e come pensare, hanno usato un linguaggio troppo forte, troppo violento.

La soluzione, quindi, è una neolingua orwelliana come nel romanzo 1984? La direzione sembra proprio quella, dalla "guerra umanitaria" al Ministero del Welfare... e allora forse siamo tutti scemi davvero.

Ant.Mar.

domenica 21 aprile 2013

DE MAURO, SAUSSURE E CHOMSKY



Tullio de Mauro

Estratto dall'intervista a Tullio de Mauro a cura di Francesco Raparelli

Perché proprio oggi, nonostante l’esaurimento dello strutturalismo, cultura europea che ha segnato il secolo scorso e che ha visto in Saussure un riferimento fondamentale, il pensiero del linguista ginevrino conquista una rinnovata e potente attualità?

Credo che i cambiamenti di atteggiamento o, come pomposamente si potrebbe dire, di paradigma negli studi sul e del linguaggio, siano importanti; come l’emergere di orientamenti diversi nella corporazione dei linguisti. Ma, nella loro lunga storia, gli studi linguistici sono debitori più che a soprassalti endogeni, ai grandi mutamenti, alle grandi spinte che vengono dalla vita delle società e dalle culture intellettuali complessive che si sprigionano da esse. Ricordo e ribadisco questo punto di vista, che mi permetto di avere perché ho l’impressione che Saussure possa insegnare molto più oggi che in passato, in un passato immediato. Perché? La forza degli eventi ha costretto, negli ultimi anni, i linguisti a ripensare un’idea che avevano in testa, quella di un doppio monolitismo: monolitismo del rapporto tra lingue e paesi del mondo; monolitismo della lingua in se stessa.

sabato 20 aprile 2013

PARLARE CIVILE: LIBRO E CONFERENZA SULL'USO 'CORRETTO' DELLE PAROLE




19 Aprile 2013: Si è svolta a Roma la conferenza “Parlare civile”, in occasione dell'uscita dell’omonimo libro.

IL PARLARE CIVILE: Stefano Trasatti, direttore dell'agenzia Redattore Sociale, presentando il libro "Parlare civile", durante l'omonimo seminario che si è svolto ieri a Roma, lo ha definito "un libro di servizio per segnalare l'uso sbagliato di alcune parole e, quando possibile, suggerire delle possibili alternative, consapevoli che si tratta di un lavoro che sarà accolto con diffidenza, come intralcio al lavoro giornalistico". "Penso che non si debba aver paura delle parole, che vanno usate bene e trattate bene, perché sono convenzioni che danno una forma alla realtà - continua Trasatti -, ma allo stesso tempo non bisogna essere integralisti ma consci dei limiti del linguaggio".

Per il sociologo Enrico Pugliese – tra gli esperti del comitato scientifico che ha partecipato alla realizzazione del volume – si tratta di un "lavoro eccellente":personalmente ho paura dell'afasia e delle perifrasi ma credo sia necessario evitare l'uso delle parole che provocano dolore e sofferenza agli interessati". Come è successo ad esempio con l’uso di "negro" in America: "A un certo punto i neri hanno deciso che non volevano più essere chiamati né nigros né colored. E si è camabiato l'uso del termine". Analogo è il caso di "clandestino", di cui si fa un uso distorto perché troppo estensivo: "Si può usare se ci si riferisce ai clandestini, che sono una porzione ridotta degli immigrati irregolari, che sono una porzione ridotta degli immigrati. Altrimenti si mente sui termini per imbrogliare o per pura ignoranza".

BREVETTO EUROPEO: RESPINTO RICORSO ITALIA E SPAGNA. COSA CI RESTA DA FARE?

Ufficio Brevetti Europeo, segnaletica nelle tre lingue dominanti.
IL PRECEDENTE: Tempo fa ne avevamo parlato (cfr articolo): la polemica sulla lingua da usare per la creazione del brevetto unico europeo non cessa, nonostante il lungo tempo trascorso. L’Ue, a dicembre scorso, ha disciplinato con regole uniformi il deposito e la registrazione del brevetto unico europeo. Uno strumento che per una volta era riuscito a mettere d’accordo quasi tutti. Quasi. All’accordo hanno aderito infatti solo 25 paesi su 27. Chi è rimasto fuori dal coro? L’Italia e la Spagna, che si sono messe di traverso, come sempre, davanti all’adozione del trilinguismo inglese-francese-tedesco; e hanno fatto ricorso.

OGGI: La Corte di giustizia dell’Ue respinge i ricorsi di Italia e Spagna al pacchetto legislativo (sentenza nelle cause riunite C‑274/11 e C‑295/11, Spagna e Italia / Consiglio), poiché ritiene infondata l’argomentazione dei due Stati, secondo cui la tutela conferita da tale brevetto unitario non apporterebbe benefici in termini di uniformità, e dunque di integrazione rispetto al brevetto europeo (garantito dal diritto nazionale). Il brevetto unitario sarebbe concepito invece per conferire una tutela uniforme sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata, e non vuole quindi arrecare danno al mercato interno, alla coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione. Inoltre, secondo la Corte, non lede le competenze i diritti e gli obblighi degli Stati membri che non partecipano alla cooperazione rafforzata.

venerdì 19 aprile 2013

LINGUAGGIO SEMPLICE PER CAPIRE I DIRITTI: PROGETTO 'PATHWAYS'



IL PROGETTO: L’obiettivo è tradurre i documenti istituzionali e le leggi in un linguaggio semplice e comprensibile per tutti, anche per chi ha dei limiti mentali. Il progetto si chiama Pathways, è promosso da Inclusion Europe ed è e portato avanti in numerosi paesi europei come Slovenia, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Spagna, Croazia e Italia; dove è sostenuto dall’attività dell’Anffas, Associazione Nazionale di Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale.

Inclusion Europe è un’associazione europea che lavora per far rispettare i diritti delle persone con disabilità intellettiva, e per questo spinge affinché i disabili siano messi in grado di partecipare attivamente al proprio rapporto con le istituzioni, capendo le informative su salute, diritti, sicurezza, politica, documenti istituzionali o leggi, notizie di difficile comprensione eccetera.

giovedì 18 aprile 2013

PROTESTE IN FRANCIA CONTRO L'UNIVERSITÀ IN INGLESE



Geneviève Fioraso
PARIGI: La ministra socialista dell’Educazione superiore, Geneviève Fioraso è riuscita a far approvare dal Consiglio dei ministri il 20 marzo scorso il suo progetto di legge che prevede di autorizzare l’uso delle lingue straniere (leggi l’inglese) nelle università e nelle grandi scuole.

Quello che, un po’ meno apertamente e ufficialmente, è stato fatto da noi, tramite l’Agenda Monti (cfr articolo); e che le nostre Università (cfr articolo) e Scuole (cfr articolo) stanno già facendo, di propria iniziativa È interessante che Fioraso giustifichi la novità con due motivazioni: mettersi in linea con le norme internazionali e attirare studenti stranieri. Cioè le stesse motivazioni che ci propinano qui.  Altrimenti, ha detto ancora la ministra, “ci ritroveremo in cinque a discutere di Proust intorno a una tavola”. In cinque? La francofonia ne mondo, celebrata recentemente, conta 220 milioni di persone, la quinta al mondo e l’unica, insieme all’inglese, ad essere presente in tutti e cinque i continenti.

mercoledì 17 aprile 2013

Accisa sull'alcole, il burocratese, i gusti linguistici


Bottiglia con Accisa sull'alcole

Prendete una bottiglia nuova di grappa o di qualche altro superalcolico. Vi accorgerete che sopra il tappo è incollata una striscia di carta simile a quella che sui trova sui pacchetti di sigarette. Cosa sia questa strisciolina di carta c’è scritto sopra:

“Accisa sull’alcole etilico. Bevande alcoliche contrassegno di stato”

RIMASUGLI: nel linguaggio burocratico (cosiddetto burocratese), una delle declinazioni più brutte e diaboliche della lingua italiana moderna, oltre ai vari giri di parole inutili, c’è la tendenza a usare parole desuete, probabilmente perché si percepiscono come più esatte. Tra le altre caratteristiche tragicomiche di questo linguaggio vi sono alcune piccole forme, ereditate da secoli passati, e oggi talmente in disuso da risultare incomprensibili.

È il caso del anteposto alla data: “Roma, lì 27-4-1990”. Oggi si trova sistematicamente con l’accento: è cioè interpretato come indicante il luogo di redazione del docuento. Come dire Roma, proprio lì. In realtà si tratta di un articolo, come si usava secoli orsono, quando i numeri avevano bisogno dell’articolo plurale. Oggi diremmo “i 27 gennaio”, allora dicevano “li 27 gennaro”, come dicevano “li cani”.

martedì 16 aprile 2013

GRILLO, NON RUBARCI IL TITOLO DI CITTADINI!



Ve lo ricordate “forza Italia”? Si gridava allo stadio e davanti alla televisione in tutta Italia, durante i mondiali, da almeno almeno mezzo secolo. Poi arrivò Berlusconi, che con un atto geniale – da genio del male – prese l’espressione, forte e radicata, collegata inconsciamente a bei momenti, semplice come il tifo da stadio, comprensibile da tutti. Invece di inventare una frase a effetto, un nome originale, hanno messo il cappello su un’espressione del popolo. Hanno fatto leva sulla passione primordiale degli italiani, per il calcio… o meglio, per il tifo.

Vi ricordate? All’inizio c’era un po’ di imbarazzo, perché ancora sfuggiva un “forza Italia!!” nel senso originale: per incitare la nazionale. Pian piano ci si è abituati a dire “forza Azzurri!” e derivati. Senonché, anche il colore azzurro, in altri contesti…

lunedì 15 aprile 2013

IL LINGUAGGIO SESSISTA DELLE LEGGI ITALIANE


(di Federica Muzzi)
Una nuova legge sulla fecondazione assistita al Parlamento italiano (e alla Chiesa) non interessa. Non gli interessa nemmeno curare il linguaggio usato nel testo dell’unica legge sull’argomento, la 40/2004. Proprio di questo mi sono occupata nella mia tesi magistrale in Traduzione Specializzata, poco attinente al nome della professione che da una settimana mi segue: «traduttrice».

Ho voluto, un po’ per dovere e un po’ per piacere, occuparmi delle prospettive di genere e del sessismo nella nostra lingua, un fenomeno diffusissimo di cui non ci accorgiamo neppure. È difficile che ci accorgiamo, e ancora di più che ci indigniamo, se l’ultimo politico di turno ci chiama «i cittadini» (non siamo forse cittadine?) o se sui media ascoltiamo o leggiamo «gli anziani, le donne e i bambini» (perché dobbiamo essere una categoria a parte? Qualcuno ha mai detto «gli anziani, gli uomini e i bambini»?). E invece dovremmo stupirci, arrabbiarci, lamentarci, perché la nostra è una lingua sessista.

domenica 14 aprile 2013

GOOGLE CONTRO LA SVEZIA: VIETATE QUELLA PAROLA!



‘GOOGLARE’: un po’ in tutte le lingue europee si è sviluppato un nuovo verbo che sintetizza l’azione che in italiano si esprime “cercare su google”. Esiste anche in italiano, purtroppo, anche se, per fortuna, è poco diffuso e utilizzato. Così è molto poco usato in Francia (googler) e in molti paesi, dove comunque si registra. In Svezia, invece, è abbastanza comune, in particolare sotto la forma di aggettivo, ogooglebar“, traducibile in italiano come *ingooglabile, cioè che non si può cercare su Google.

Ebbene: se il verbo googlare sparso in tutta Europa non dà alcun fastidio a Google, glielo dà invece l’aggettivo svedese, proprio per questa sua accezione negativa che rischia di registrare un limite nell’onnipotente motore di ricerca. L’aggettivo implica anche l’eventuale volontà di non essere trovati, di celare la propria identità al motore tramite espedienti di vario tipo, la possibilità, cioè, di sfuggire ai tentacoli della rete.

giovedì 11 aprile 2013

DA MARCATORE A BOMBER, COME CAMBIA LA LINGUA.

Dai neologismi del maestro Brera a alle contaminazioni inglesi, dall’essenzialità della comunicazione alla tempesta di superlativi oggi tanto di moda nelle telecronache. Il linguaggio del calcio sta al passo con i tempi e si evolve di continuo, ma mantiene costantemente le sue specificità.

Ad analizzare nei dettagli il fenomeno ci ha pensato un giovane studente dell’università di Sassari, che per la sua laurea in Scienze delle lettere e della comunicazione ha presentato una tesi incentrata sull’argomento. “Le tendenze linguistiche del giornalismo calcistico”, questo il titolo del lavoro (relatore Luigi Matt), va a fondo del fenomeno, analizzando i cambiamenti avvenuti negli ultimi trent’anni. «Il linguaggio del calcio può essere definito una "lingua speciale" – spiega il venticinquenne neo-laureato –, caratterizzata da particolarità lessicali, sintattiche e testuali che tende a differenziarsi dalla lingua comune e stabilisce un rapporto preciso tra le cose e le parole, presentando un grado di tecnicizzazione elevato. La differenza con le altre discipline è che esso risulta più di dominio pubblico rispetto ad altri campi, come la medicina e il diritto».

mercoledì 10 aprile 2013

LIS, LINGUA DEI SEGNI ITALIANA: COS'È, COME FUNZIONA, IL SUO RICONOSCIMENTO IN ITALIA



La LIS – Lingua dei Segni Italiana – è la lingua dei sordi italiani. Già questo dato tautologico può suonare strano per alcuni: non c’è un linguaggio “sordo”, ma c’è la lingua dei segni italiana, come quella francese spagnola americana ecc. E hanno dei legami con la lingua parlata e la cultura di riferimento; al punto che la LIS, è considerata una lingua romanza (visiva). 

Non si sa quando siano nate le lingue dei segni, ma è ormai un dato condiviso che esistano da quando è sorta la prima comunicazione umana: alcuni linguisti e ricercatori affermano che testimonianze di lingue segnate erano presenti già nelle antiche civiltà in Cina, India, Mesopotamia, Egitto, Maya. In alcune comunità, per una forte presenza di persone sorde, la lingua dei segni è stata la modalità di comunicazione primaria tra persone sorde e udenti nell’isola di Martha’s Vineyard (Stati Uniti); l’Isla de Providencia (Colombia), Urubú-Kaapor (Brasile); villaggi nello Yucatec (Messico) e in in altre località.

martedì 9 aprile 2013

RANDOMICO

3 minuti 1 parola, di Beppe Severgnini
Nella sua rubrica video 3Minuti1Parola, Severgnini fa un interessante elenco di parole inglesi malamente italianizzate, chiamate 'Orrori, non errori'. si va da scannare a briffare passando per mission e vision; alcune le abbiamo già denunciate in questo spazio. Ma l'orrore supremo', secondo l'autore, è randomico. Un 'mostro' - come dico io - che mi era finora sfuggito.

Pur trovando orrorifica la stragrande maggioranza di queste parole, a proposito di randomico non posso che ripetermi: se molti italiani trovano più comodo e immediato dire randomico invece di casuale o aleatorio, c'è un problema davvero grosso. Sociale, e non più culturale. 

Il resto lo potete vedere, cliccando sull'immagine, nel breve video di Beppe Severgnini, che dice quello che direi io... ma molto meglio.