È di stamattina un articolo
per il Corriere della Sera firmato Filippo la Porta, intitolato “Quando il lettore (e non il critico) certifica la qualità del libro”, che mi stimola una
piccola riflessione sulla cosiddetta “rete”.
Il fatto accaduto è
questo: sulla quarta di copertina del libro Rosa
candida, di Audur Ava Olafsdottir, grande successo in Francia ed edito in
Italia da Einaudi, appare non il
giudizio di un critico letterario, né di un giornalista specializzato, ma
l’entusiastico commento, anonimo, di un lettore (o lettrice) di Amazon.com
Ciò che distingue un
lettore da un critico letterario non è solo la frequentazione di università e
centri culturali e di persone a vario titolo “addette ai lavori”; un critico è
in teoria munito di tutta una serie di conoscenze tecniche ben precise che gli
permettono di “far funzionare” la macchina libro e di giudicarne il
funzionamento. Strumenti veri e propri, come la chiave inglese per l’idraulico
e la spatola per il muratore. Un lettore ti potrà dire se, secondo lui, un
libro è bello o no. Un critico che si rispetti mette da parte, nei limiti del
possibile, il “secondo me”; e utilizzando i propri strumenti, è in grado di costruire, proprio come un muratore, un giudizio articolato e coerente. Non necessariamente
“giusto” (categoria che in letteratura è meglio abbandonare); “coerente”.
Ma i critici, letterari
o d’arte che siano, rappresentano, e spesso hanno rappresentato nella storia,
una vera e propria élite; sono, e
sono stati, detentori di un certo “potere”, persino, di fatto, censorio. Potere
che oggi non hanno più, tranne forse alcuni singoli; e a cui, forse coscientemente,
la critica ha rinunciato; come gli scrittori hanno rinunciato al loro ruolo “regolatore”
della lingua. Rinuncia probabilmente positiva grazie a un certa aria di
democrazia linguistica e tematica che caratterizza la produzione culturale nella modernità. oppure, per dirla in modo più esatto,
a un dominio dei “dotti” (cioè scrittori e critici) si è sostituito un dominio
economico, per cui sono le case editrici a pesare maggiormente, ad esempio, nei
giudizi del premio Strega. E un libro linguisticamente e tematicamente "libero" se non "libertino" vende di più. Ma questo non è un male.
Ecco allora che i
fautori della “democrazia della rete” gioiscono di fronte al fatto compiuto. Ma
qual è il ponderato giudizio che il nostro anonimo lettore espone? Si legge,
nel suo commento, tra l’altro:
«Questo è un libro più
grande della vita. Inizi a leggere e ti ritrovi in un uno stato di grazia.
L'opposto dei libri che vuoi finire in fretta...».
Ma dov’è la libertà,
dove la democrazia, in un commento anonimo, fatto magari da un perfetto idiota,
da uno che come strumenti critici ha una lettura scolastica di Manzoni e tutta
la collezione di Stephen King… in DVD? Per giudicare un libro bisogna leggerlo,
questo è chiaro, ma è utile senz’altro consultare il giudizio critico di chi
non solo l’ha letto, il libro, ma ha anche gli strumenti per farlo. Ci sono
diversi critici, e diversi strumenti che possono dare risultati diversi. Ma,
con un po’ di buona volontà, io-lettore aggiornato, posso sapere più o meno
quali sono gli strumenti caratteristici di questo o di quel critico, e posso
decidere se essere d’accordo o no, se condividere il punto di vista e/o il
punto di arrivo. Cosa posso decidere di un commento anonimo che sostanzialmente
mi dice, come potrebbe dirmi uno sconosciuto al bar, “questo libro mi è
piaciuto”? Non posso decidere niente, l’informazione è nulla; e se
l’informazione è nulla è nulla anche la mia capacità di costruirmi un’opinione;
la democrazia stessa si annulla. (certo parliamo di libri, non di politica; ma
per noi una cosa rispecchia l’altra).
Lo stesso Beppe Grillo,
convinto difensore e sostenitore della libertà di cui internet a suo parere si
fa portatore, esprime spesso il seguente concetto: sulla rete se dici una
falsità, grazie ai commenti e alle informazioni vere che gli utenti hanno a
disposizione, vieni scoperto in un attimo. E se dici una falsità, venendo
scoperto in quattro e quattr’otto, la tua reputazione va a farsi friggere. Ed è
la reputazione che conta sulla rete, “uno vale uno”.
Ma se la cazzata me la
dice un anonimo lettore su Amazon?; che poi, siamo sicuri che abbia letto il
libro? Per quanto ne sappiamo potrebbe benissimo essere il figlio dell’autore,
o più verosimilmente l’editore in persona, a tessere le lodi del libro.
Comunque; se la cazzata
me la dice un anonimo internauta, dov’è la sua reputazione? La stessa
reputazione che i critici hanno, in quanto non anonimi, e che mi permette di
decidere se essere d’accordo o no? quella reputazione non c’è. Io posso anche leggere il libro incoraggiato
dal suo commento entusiasta e niente affatto esaustivo, e trovarlo un libro
indecente. Che faccio? Denuncio la cazzata dell’anonimo? Ma questi è, appunto,
anonimo. E poi non ha detto una cazzata visto che ha espresso un giudizio
personale.
Con internet il rischio
è che si confonda il giudizio dell’uomo qualunque con quello dell’esperto;
esperto non solo perché ha studiato (il che già aiuta), ma perché in quanto
tale ha saputo costruirsi una reputazione. Insomma, il mio giudizio sul cuore
di un malato ha meno valore del giudizio di un cardiologo. Bisogna averne
coscienza, o la democrazia diventa caos (il che, sia chiaro, non vuol dire
anarchia); bisogna rifiutare con forza l’idea che tutti possano fare tutto, non
siamo tutti Leonardo Da Vinci. E con questo intendo far riferimento all’idea
distruttiva di annullare il valore legale della laurea; quella di poter ( e
voler) fare più lavori; facendoli tutti, necessariamente, male.
Perché ciò che
differenzia il critico, il politico (vero), il cardiologo, il sarto, da chi non
lo è, non è solo l’aver studiato per farlo, ma è la pratica quotidiana e, per
pochi, la fortuna di trovarsi un maestro in grado di insegnarci, di quel
mestiere, gli aspetti che a scuola non ti insegnano.Cioè il frequentare abienti e persone "utili".
Se c’è chi vede la
democrazia e la libertà nella rete, io vedo invece il pericolo della
superficialità, e la pericolosa protezione che dà l’anonimato garantito a certi
individui; di cui il lettore di Amazon fa parte, anche se, poverino, col suo
giudizio non fa del male a nessuno.
Ma quanto è dannoso chi
parla di signoraggio bancario, di massoneria, di “nuovo ordine mondiale”, di
fine del mondo, di alieni che ci controllano sin dalla notte dei tempi, senza
alcuna cognizione di causa e, quel che conta di più, restando anonimo?
Ant.Mar.
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