Le lingue dell'area dell'ex Jugoslavia |
Tornerà in auge il serbo-croato? C'è chi, in vista dell'ingresso di
Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro nell'Unione europea propone
un'unica denominazione. Ma non tutti, ovviamente, concordano
Recentemente il linguista tedesco Michael Schazinger, membro
dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ha proposto di
riunire le lingue serbo, croato, bosniaco e montenegrino sotto un'unica
denominazione: “lingua ex-jugoslava”...
Non si può ad oggi dare molto credito a questa proposta dato che la
sua validità scientifica non sarà dibattuta sino a quando tutti i paesi
in cui si parla il serbo-croato non faranno parte dell'Unione europea.
Ma, in seno all'UE, esiste una tendenza a raggruppare queste lingue – ad
oggi se ne contano 4 – sotto lo stesso nome. Nessuno può sapere se alla
fine si continuerà ad utilizzare il termine serbo-croato, come di fatto
ancora avviene in numerose università europee, o si passerà
all'abbreviazione BCMS (bosniaco-croato-montenegrino-serbo) o se si
troverà una terza soluzione.
E' ciononostante interessante sottolineare come in Serbia non vi
siano istituzioni che ufficialmente si debbano occupare della propria
lingua all'estero o anche sul piano interno.
In Croazia invece il ministero per l'Educazione e lo Sport
ha un
dipartimento speciale che si occupa delle questioni legate alla lingua,
sia sul piano nazionale che internazionale. Quest'ultimo sottolinea
come, secondo la costituzione, la lingua ufficiale del paese sia il
croato. “Questo significa che tanto in seno alle nostre frontiere che
all'estero, l'unico vero nome della nostra lingua è 'Croato'”. I
portavoce del ministero dicono inoltre di essere a conoscenza del fatto
che un certo numero di facoltà universitarie europee propongono corsi in
“serbocroato” o in “croato e lingue apparentate” ma insistono anche sul
fatto che esiste anche “un numero elevato di università dove il croato è
studiato in modo indipendente”. Il ministero ricorda che la Croazia
diverrà l'anno prossimo (2013) il 28mo membro dell'UE e che il croato
diverrà la sua 24ma lingua ufficiale, il che “farà perdere ogni
legittimità alla messa in discussione del nome della lingua”.
La posizione del ministero dell'Educazione e lo Sport del Montenegro è
altrettanto interessante. I suoi rappresentanti hanno rifiutato di
commentare asserendo che la questione posta era “troppo politica”.
Al contrario non vi sono istituzioni in Serbia che ufficialmente
siano competenti per la preservazione dell'identità nazionale e della
conservazione della lingua serba. Il ministero serbo per l'Educazione,
per le Scienze e per lo Sviluppo tecnologico ci ha rimandato al
ministero della Cultura. Quest'ultimo si è affrettato a rispondere che
la lingua e l'alfabeto serbo sono questioni nazionali, ma non di
esclusiva competenza del ministero della Cultura. “Secondo la legge
sull'utilizzo ufficiale della lingua e dell'alfabeto è ai ministeri che
si occupano di amministrazione pubblica, trasporti, sviluppo urbano,
educazione, cultura e sanità che spetta il compito di generare la
regolamentazione in merito alla lingua. Nel nostro paese sono le
istituzioni scientifiche ed educative che si occupano delle questioni
legate alla lingua e quindi spetterà a loro prendere posizione su
questioni linguistiche”, si dichiara al ministero.
Sul piano scientifico, la questione è limpida. Si tratta di un'unica
lingua, il serbo-croato, che si è divisa in quattro sotto la pressione
del contesto politico. Il professor Sreto Tanasić, direttore
dell'Istituto per la lingua serba, ricorda che l'Occidente ha
incoraggiato il separatismo linguistico, anche se quest'ultimo non aveva
alcuna base scientifica.
Sarebbero stati gli occidentali a permettere la creazione del
bosniaco, del serbo, del croato per calmare gli appetiti balcanici.
“Attualmente si rendono conto che questo ha per loro dei costi, che
implica una pletora di interpreti, che implica che ciascuna lingua venga
tradotta in tre, a volte quattro altre lingue e tutto questo non ha
alcun senso”, spiega il professore Tanasić. Quest'ultimo aggiunge anche
che molte università insegnano il “serbo-croato” ma che vi sono anche
università dove esistono corsi separati, uno per il serbo e l'altro per
il croato, come ad esempio a San Pietroburgo dove la diplomazia croata
ha effettuato un'operazione di lobby efficace.
L'accademico Ivan Klajn ritiene che “serbo-croato” è la sola
denominazione scientificamente valida. “Il termine serbo-croato è stato
creato dal filologo tedesco Jacob Grimm nel 1824 e da allora è
utilizzato dagli slavisti del mondo intero. Le lingue “bosniaco”,
“bosgnacco” o “montenegrino” non hanno alcuna giustificazione
scientifica, come non lo ha il fatto che ciascun popolo debba
necessariamente avere il diritto a chiamare la lingua che parla
servendosi del nome della propria nazionalità, idea che è facilmente
confutabile ricordando che non esistono le lingue “austriaco, belga,
messicano, argentino, statunitense o brasiliano. Le abbreviazioni tipo
BCMS e l'idea di una lingua ex-jugoslava non sono che dei tentativi
politici che servono solo a circumnavigare il problema. Ai tempi della
Jugoslavia nessuno chiamava il serbo-croato “jugoslavo” e quindi non ha
alcun senso aggiungervi un prefisso ex”, sottolinea Klajn.
Tenuto conto dell'approccio inflessibile della Croazia, che non
riconosce che la denominazione “lingua croata” ed essendo un dato di
fatto che quest'ultima sarà la prima ad entrare nell'Unione europea si
deve temere che la diplomazia croata riesca a cancellare ogni
riferimento alla lingua serba? Il professor Tanasić stima che dal punto
di vista storico e culturale il serbo ha un ruolo importante nella
regione e che quindi “è poco probabile che questa lingua sparisca dalle
università europee”.
Attualmente è in vigore in Serbia un'unica legge che regolamenta
l'utilizzo ufficiale della lingua e degli alfabeti, che per molti versi
rimane sulla carta e la cui applicazione o meno dipende spesso da
specifiche pressioni e fini politici. Ma questa legge non affronta le
questioni relative alla nostra lingua in seno all'UE o la salvaguardia
di quest'ultima sul piano regionale. Queste questioni dipendono
esclusivamente dal piano politico.
“Purtroppo negli ultimi 15 anni, dopo che il compianto Pavle Ivić ha
creato il Comitato di standardizzazione della lingua serba non si è mai
definito con quali istituzioni statali quest'organo dovesse comunicare.
All'inizio collaboravamo con il ministero della Cultura ma questo solo
perché il segretario del Comitato, il linguista Branislav Brborić, era
anche sottosegretario alla Cultura, Né il governo, né il parlamento, né
il ministero hanno mai dimostrato il minimo interesse per le questioni
relative alla politica linguistica”, afferma Ivan Klajn, uno dei membri
del Comitato per la standardizzazione della lingua serba.
(Pubblicato originariamente dal quotidiano Danas il 2 novembre 2012, selezionato da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso)
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