Consigli Federale a Berna |
BERNA – il 9 gennaio è stata consegnata
al presidente del Consiglio federale della Svizzera una petizione che chiede una
maggiore considerazione a livello confederale della lingua italiana. Avevamo trattato
la questione in questo articolo dell’undici novembre scorso in occasione delle
giornate d’incontro “L’italiano in Svizzera: lusso o necessità?”, svoltesi il
16-17 novembre 2012 all’Università di Basilea.
Le firme raccolte durante questi incontri sono
quasi 2.000, per chiedere al Consiglio federale di garantire che le lingue
nazionali abbiano una chiara prevalenza rispetto alle altre, come per esempio
l'inglese. Di particolare interesse è l’immediata reintegrazione di un delegato
addetto al plurilinguismo, il quale deve possedere appropriate competenze ed
essere sostenuto con adeguate risorse finanziarie.
La
vicenda ci dà l’opportunità di fare una piccola serie di riflessioni. Innanzi tutto
per ribadire lo stretto legame tra lingua e identità, e quindi politica. Ne sia
prova la recente polemica per quanto riguarda la denominazione di ‘linguaex-jugoslava’ per il gruppo di lingue serbo-croato. Eterno il conflitto tra
fiamminghi e francofoni in Belgio, e gli ultimi conflitti risalgono a pochi mesi
fa; una delle pretese principali degli indipendentisti di Barcellona è la
questione linguistica; che proprio nelle ultime settimane vive una sorta di
rivoluzione indipendentista ecc.
Si
potrebbe avere l’impressione che per reazione all’ondata unificatrice, anzi,
unificante, dell’UE; in molti paesi – tutti? – stia nascendo un sentimento
nazionalista, per il momento ancora sopito; dove più dove meno evidente. Ma ciò
che più interessa, è che non è tanto un nazionalismo ‘ottocentesco’, ‘napoleonico’;
si tratta di un micro nazionalismo (si, penso alla Lega): cominciano a spuntare
province, magari unite in una nazione da secoli, che rivendicano la propria
identità particolare. E per fare questo il primo passo è rivendicare la propria
lingua come una lingua nazionale. Proprio in questo è una reazione all’Europa: forse
al troppo grande ci si oppone col troppo piccolo. È una tendenza che sembra all’inizio:
le questioni linguistiche sono però un buon termometro e un chiaro sintomo che
qualcosa si sta muovendo.
Per
tornare alla vicenda degli italofoni in svizzera, e in risposta a questa prima
riflessione, possiamo dire senza timore di esagerare che l’invasione dell’inglese
sta, però, davvero diventando pressante. C’è chi comincia ad usare addirittura l’espressione
‘colonialismo linguistico’; e non sono i soliti squattrinati comunistoidi. È una
delle questioni principali che animano questo giornaletto: nella lingua
italiana, negli ultimi 10 anni, sono entrati nell’uso quotidiano termini
inglesi non adattati a bizzeffe. E comincia a diventare un problema serio, che
tocca diversi aspetti della società; tra cui, ma non solo, la politica.
Infine
mi pare giusto chiedermi, di nuovo: “se gli svizzeri tutelano la lingua
italiana; gli italiani?”. Gli italiani un bel niente: o meglio, sono animati da
tanta buona volontà, ma senza nessuna risorsa per un’adeguata promozione della
lingua italiana: insomma, essendo in vena di autocitazioni, una situazione di ‘tanto fumo e niente Ariosto’.
Ricapitolando:
da un lato un indipendentismo locale talvolta sterile; dall’altro una pressione
culturale e linguistica da far pensare a un neo-colonialismo; nel mezzo, per
quel che riguarda l’Italia, uno scarso interesse perla valorizzazione della
propria cultura, che è la propria identità. Finché non ripiegheremo, chissà, su un’identità
piccola, provinciale, dialettale... leghista.
Ant.Mar.
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