LA LINGUA SMS: Tra le
conseguenze più evidenti delle nuove tecnologie sul linguaggio certamente la
più chiara di tutte, la più “pubblicizzata” e la più criticata, è il linguaggio dei messaggini, o dei bimbominkia, per dirla con superiorità.
Ma che c’è di male, esattamente, nello scrivere cmq o xké? Come è nata, come si è evoluta, che
conseguenze ha, perché è così osteggiata, non solo in Italia ma in tutti i
paesi occidentali, la lingua degli SMS (Short Message Service)?
Partiamo dall’inizio: Nel
1984, quando la sorte della scrittura sembrava nera, ormai abbandonata da gran
parte delle popolazioni occidentali in favore dei media audiovisivi, Gian Paolo
Caprettini descrisse la telefonata come una “lettera simultanea”. Ci aveva
visto lungo, se quindici anni dopo esce lo studio di Naomi S. Baron (Letters
by phone or speech by other means: the linguistic of email, «Language and
communication») che si riferisce allo scritto vero e proprio, alla posta
elettronica. La prima conseguenza dei
messaggini, di cui subito linguisti
si sono accorti, è stata un ritorno
massiccio allo scritto; di lì a poco internet avrebbe ingigantito il
fenomeno. Quindi, il primo effetto dei messaggini è stato innegabilmente positivo.
Il
primo messaggio fu inviato nel 1992 da un pc, in
Inghilterra; e verso la fine degli anni Novanta del 20° secolo la scrittura di
messaggini era già parecchio diffusa; di pari passo, ovviamente, col
diffondersi dei telefonini GSM (Global System for Mobile communications).
Ma è solo con il 21° secolo che il
telefono è entrato a far parte a pieno diritto tra gli strumenti di scrittura;
accanto a penna, macchina da scrivere e pc. Ancora nel 2002, infatti, uno dei
primi saggi dedicati in Italia ai cosiddetti messaggini si intitolava
"SMS. Straordinaria fortuna di un
uso improprio del telefono". Vi pare di usare il telefono in modo
improprio quando scrivete un messaggino?
CARATTERISTICHE: Inizialmente il messaggino non poteva superare i 160
caratteri, e non c’era il dizionario automatico: ogni lettera bisognava
cercarla premendo più volte il tasto. Proprio da questo –
cioè i limiti di spazio e la difficoltà di esecuzione – derivano i vari
espedienti utili per scrivere in maniera più veloce e breve. Ma è riduttivo
pensare che sia un linguaggio meccanicamente determinato dalle caratteristiche
del mezzo. C’è qualcosa di più, una vivacità inaspettata nella lingua dei
messaggini.
Infatti, i limiti di spazio (la carta era cara, meglio non
sprecarla) e la difficoltà di esecuzione (scrivere con una piuma d’oca,
con un inchiostro autoprodotto, su carta scadente, a lume di candela ecc)
giustificano in pieno anche le abbreviazioni che sempre gli amanuensi facevano
scrivendo e copiando libri. Ma si continuò ad usarle a lungo anche nei
libri a stampa. E ancora nell’Ottocento, per l'esigenza
di scrivere ogni giorno decine di lettere, dato che mancavano altre forme di
comunicazione a distanza, ci si serviva
abitualmente di numerose abbreviazioni. Venivano quasi sempre abbreviate le
formule di saluto iniziale (la più comune delle quali era C. A. 'Caro Amico') e
finale (T.V. 'tutto vostro', Aff.mo 'affezionatissimo'). Da qui derivano i
nostri sig.; dott.; ecc.
Ma
la lingua dei messaggini è più ricca: oltre alle abbreviazioni, ci sono le grafie simboliche, le faccette, i simboli matematici (da x a 6), la punteggiatura enfatica… è una grafia decisamente più espressiva;
che tenta di riprodurre (e ci riesce piuttosto
bene) le intonazioni del discorso orale.
CONTRO I MESSAGGINI:
Tuttavia questa grafia non piace a tutti,
proprio perché appare “sbagliata”, sgrammaticata rispetto alla lingua scritta
standard: e da qui si parte, sempre, per
condannare i “giovani” (i bimbominkia) e il loro gergo, fino a vedere nella lingua dei messaggini
una minaccia alla lingua standard.
Simili preoccupazioni
sono state espresse a più riprese, non solo in Italia, ma in paesi più aperti
(anche linguisticamente), come l’Inghilterra.
In Francia è attivo un KomiT contr le langage SMS (nome scritto
in lingua SMS francese: autoironia?) e da
noi, in rete, si incontrano manifesti come Questo blog non è un essemmesse, associazioni come il Comitato xsolventi ('che vogliono siano
sciolte le grafie come x al posto di per'), e immagini come questa accanto, tanto stupida che tempo fa le dedicai un articolo ad hoc. Colpisce inoltre
che nelle discussioni in rete la varietà chiamata SMSiano o SMSese venga
considerata poco prestigiosa, identificata
con una certa rozzezza culturale e superficialità giovanile.
Eloquenti, in merito,
risultano le conclusioni a cui è giunta una ricerca realizzata in Belgio
su 30 mila messaggini inviati da parlanti francofoni nel corso del 2004. Da
quell'inchiesta è emerso che il linguaggio SMS non è un linguaggio unico e fermo, non è standardizzato ma in continua
evoluzione: cioè le innovazioni sono numerosissime e ognuno ha il suo
stile, non c’è una “norma”. È esattamente,
quindi, come la scrittura in volgare nel medioevo.
Inoltre, il linguaggio
dei messaggini è fortemente connotato
nella fascia più giovane (che dimostra un atteggiamento tutt'altro che
passivo). Nella fascia d'età più
avanzata, invece, si scrive per lo più come si scriverebbe una cartolina
postale: con un linguaggio che non si
può definire nuovo; e le poche abbreviazioni diffuse anche in questa fascia
d’età sono debitrici del linguaggio giovanile, che per alcuni tratti affonda le
sue radici in precedenti ben più remoti. Come la k, che era usatissima nel
medioevo.
QUALI PROBLEMI?: Ariosto
diceva che (cito a memoria) “chi scrive homo senza H non è homo, e chi scrive honore senza H non è degno d’essere
honorato.” Chi se la sente di condividere questo punto di vista? Nessuno? Eppure molti direbbero lo stesso per il
verbo avere senz’acca: quel verbo che molti, anche grandi personaggi della
nostra letteratura, scrivevano secoli orsono con una a accentata: lui à, tu ài.
Voglio dire che, a
priori, non ci sono problemi nell’uso di
abbreviazioni; non c’è proprio nulla di male nello scrivere “tvttb xké 6 speciale”;
a parte la stupidità del messaggio, ma è un altro discorso. L’importante è avere ferma coscienza che di
abbreviazioni si tratta, e di trovate espressive. Il problema arriva quando
– come pare stia cominciando ad avvenire – questo tipo di grafia esce dall’ambito
amichevole e internauta per approdare sui documenti ufficiali. Quando un bimbominkia usa la -k- al posto del
nesso -ch-, o disegna una faccina sorridente in un tema in classe, forse ha perduto la coscienza della reale
grafia della propria lingua; probabilmente ha perduto la capacità di esprimere
sentimenti con le parole, e ricorre alle faccine.
Eppure, per fare un
esempio, da un punto di vista strettamente linguistico la k è superiore per molti
aspetti al tradizionale ch. Innanzi
tutto rispecchia perfettamente la pronuncia, e divide due suoni molto diversi,
la c gutturale (cioè appunto la –k-) dalla c fricativa (cioè la c preceduta dalle vocali e o i).
Suono diverso = grafia diversa: semplifica il sistema e rende più coscienti della
differenza. Per dire: in italiano,
esistono due tipi diversi di –z-, che vengono però scritte allo stesso
modo: basti pensare alla parola “razza”
(la razza umana, la razza canina) e confrontarla con “razza” (il tipo di pesce). Le due parole sono molto diverse, ma niente, dalla grafia, ci fa capire la
differenza; solo se conosci già la parola capirai come va pronunciata, in
base al contesto. Un bel problema per gli stranieri, no? E l’italiano è una
delle lingue col sistema grafico più semplice e fedele all’orale; per quanto l’idea
che lo scritto sia una trasposizione del parlato è una mera illusione,
facilmente smontabile.
CONCLUDO: il riskio ke 1 articolo venga skritto in
qst modo, è in realtà molto basso, e in fondo non è un “riskio”. Se
ne trovano, sul blog di qualche ragazzina quindicenne, ma rimane
abbastanza isolato come fenomeno. Sono
evoluzioni interne all’italiano, che rispettano il sistema e che sono
giustificate
da motivi tecnici, dalla novità dei mezzi di comunicazione e
dall’infinita creatività del linguaggio giovanile. Molto più spesso si trovano, e sono, a mio avviso, molto più preoccupanti, articoli scritti bene, in lingua standard, ma pieni di (falsi) tecnicismi anglicizzanti. Infatti, per ritornare
nei confini nazionali, molti condannano lo scritto dei messaggini, mentre non
si accorgono di usare l'inglese a sproposito. non si accorgono che la vera minaccia, probabilmente, sono gli anglicismi non
adattati.
È di "computer" (pronunciato
compjuter) che dovremmo preoccuparci in quanto estraneo al sistema
grafico italiano, non di “perké”. È “mouse”
che introduce una nuovo rapporto scritto-orale, completamente estraneo al
nostro sistema linguistico: non “cmq”. È
l'espressione “SMS style”, detto
senza neanche rendersi conto che si usa un’espressione inglese che non rispetta né la grafia né la posizione
sintattica delle parole, che minaccia la lingua di Dante.
Insomma: viva i bimbominkia e abbasso i laureati
tecnici informatici economisti col loro snobbismo linguistico.
Ant.Mar.
questo articolo e stato molto fornidabile per la mia ricerca .
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