LA QUESTIONE LINGUISTICA è decisamente uno dei temi “caldi” che L’Unione Europea tenta di
affrontare, talvolta maldestramente. Sono molti
i problemi che sono sorti e che continuano a spuntare ovunque nei confini
comunitari legati ad aspetti tecnici
(cioè strettamente linguistici), tecnologici
e politici della lingua. Specialmente gli aspetti politici – la tutela
dell’uso e la promozione della nostra lingua all’interno dell’Unione – stanno
molto a cuore al nostro paese; cioè ai nostri rappresentanti a Bruxelles, di
destra come di sinistra.
Il problema, dal punto
di vista politico, è che, tutte le lingue ufficiali delle nazioni che fanno
parte dell’UE, sono a loro volta lingue
ufficiali e di lavoro dell’UE; ma tra queste l’inglese il francese e il tedesco sono di gran lunga privilegiate:
gran parte dei documenti ufficiali sono scritti, per ragioni di tempi e di
costi, in queste sole 3 lingue; su 23
quante sono le lingue ufficiali. L’inglese, inoltre, è lingua
internazionale mondiale e, a parte per gli italiani che risultano penultimi –
seguiti solo dai russi – per conoscenza della lingua, risulta di fatto la
lingua privilegiata per la comunicazione internazionale.
Soprattutto, l’inglese
veicola la cultura dominante in questo periodo storico e, specialmente in
Italia, l’ingresso di usi linguistici e di lessico anglosassone/americano nelle
lingue comunitarie si fa sempre più
pressante.
LE PROPOSTE RISOLUTIVE: Questa situazione
provoca un certo numero di reazioni. Da
un lato c’è chi milita perché venga adottata, per i documenti UE, solo una
lingua (l’inglese) o un limitato numero di lingue ufficiali (guarda caso
francese, inglese e tedesco); questo partito ha, di fatto, la meglio. Dall’altro lato, Italia e Spagna in
prima linea, c’è chi non accetta che la
propria lingua non venga adeguatamente rappresentata, e spinge perché siscriva e parli in tutte e 23 le lingue ufficiali; noi abbiamo portato a
Bruxelles persino il dialetto. Questo secondo partito è presente e si fa
sentire molto spesso: recentemente l’Italia ha ottenuto una sentenza favorevole
dalla Corte Europea riguardo a questi temi.
In mezzo a questi due
estremi, un terzo estremo, che è comunque, come gli altri, molto ragionevole
per certi aspetti. È il partito di chi
milita perché l’esperanto diventi la lingua internazionale mondiale, al posto
dell’inglese. L’esperanto è una lingua artificiale e semplicissima creata
prendendo parole di radice latina, germanica, greca e slava in modo che ameno
una parte del lessico sia immediatamente riconoscibile a tutti (in occidente). In questo modo, dicono, si farà fronte alla
“colonizzazione linguistica” (così dicono) dell’inglese, e all’abuso di
potere di Francia Inghilterra e Germania. Sono persino contrari
all’insegnamento dell’inglese a scuola: l’esperanto, bisognerebbe insegnare!
PREGI E DIFETTI DELLE PROPOSTE: Tenendo conto di quanto
la lingua sia legata strettamente con il potere dei paesi, e quindi con tutta
una serie di tematiche politiche gravissime, è questa probabilmente la strada migliore, la più pacifica, ma anche la
più utopica. Non è affatto un caso che le lingue privilegiate siano le
lingue dei paesi economicamente e militarmente più potenti; è inutile sperare che lascino lo scettro a
una lingua “neutrale”; è una questione squisitamente politica di prestigio e potere.
Eppure è vero che scegliere l’esperanto
non penalizzerebbe nessuna lingua a discapito di un’altra. Tuttavia, non insegnare le lingue straniere nelle
scuole sarebbe un suicidio culturale: i vantaggi di conoscere almeno una
lingua straniera sono innumerevoli; e tra questi i primo è che conoscere un’altra
lingua ci dà una forte spinta metalinguistica, ci dà una consapevolezza in più
per quel che riguarda la nostra stessa lingua madre.
Dall’altro lato,
politicamente (ma non solo), è una vera
e propria ingiustizia che non tutte le lingue ufficiali siano rappresentate in
egual misura a Bruxelles; corrisponde all’affermare che l’inglese, il
francese e il tedesco sono lingue “migliori”, superiori”; il che, dal punto di
vista scientifico è un’aberrazione. Dal punto di vista politico è una
mostruosità, specie per le basi culturali su cui l’Europa moderna si è formata:
la tutela delle minoranze (razziali, religiose, linguistiche…), dei diritti dei
singoli, ecc ecc.
Ma ha i suoi difetti
anche il parere di chi pretende che ogni
singola parola che viene scritta su un documento ufficiale UE sia tradotto per
ben 23 volte. È un costo di denaro e di tempo mostruoso, e diciamoci la
verità, inutile. Così come è un costo insostenibile il pretendere, come fanno i
nostri rappresentanti a Bruxelles, un traduttore
per ogni lingua che viene usata nel Parlamento Europeo. Esatto: i nostri
rappresentanti a Bruxelles hanno, ognuno, un addetto alla traduzione simultanea
per ogni lingua: uno per tradurre dal francese all’italiano, uno per l’inglese,
uno per lo spagnolo, uno per il tedesco, uno per l’estone, ecc…
È una mostruosità non
solo dal punto di vista economico e di tempo: è una mostruosità anche dal punto di vista culturale. Siamo infatti
noi, gli italiani, quelli che spendono di più per i lusso di avere chi ci
traduca le lingue straniere. Mentre persino
i francesi, che in quanto a nazionalismo linguistico non scherzano, l’inglese lo sanno, e sanno pure una terza
lingua, spesso lo spagnolo, meno spesso il tedesco (ma questa tendenza si
sta invertendo).
QUALE STRADA SCEGLIERE: Viene il dubbio,
allora, che non sia la politica a farci militare perché l’italiano sia usato e
rappresentato in Europa, ma sia l’ignoranza
devastante della nostra classe politica; che ci costa tanto, troppo. Eppure
sarebbe semplice imparare l’inglese e/o il francese; è la cultura che distingue
la classe dominante, no? Eppoi, non necessariamente questo significa
penalizzare l’italiano.
Personalmente, quindi, non saprei quale delle tre opzioni
scegliere. Vedo i vantaggi e i difetti di tutte e tre sia dal punto di
vista politico che dal punto di vista scientifico. Qual è, secondo voi, la
migliore strada?
Ant.Mar.
Penso che lo spagnolo e l'italiano dovrebbe divenire anche loro lingue di lavoro a fianco delle attuali tre. Un sistema a cinque lingue sarebbe tranquillamente gestibile e assicurerebbe un adeguato pluralismo. Anche se, in realtà, le politiche linguistiche pesano soltanto per l'1% dei costi dell'Unione. Non è propriamente "mostruoso".
RispondiEliminaIn ogni caso, finché l'italiano non sarà una delle lingue procedurali voterò contro l'adesione della Svizzera all'UE.