Giorgio Squinzi, pres. Confindustria |
Il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, lo scorso 9 dicembre è intervenuto sulle dimissioni di Monti auspicando la comparsa di un ‘lessico di verità’ nelle
promesse pronunciate dai partiti, ormai di fatto in campagna elettorale. In
questo contesto Squinzi ha parlato di cessione di sovranità, integrazione
bancaria e politiche comuni: ‘così si può fare l’Europa in qualche
decennio’.
Gli risponde Giorgio Pagano, segretario dell’Associazione Radicale
Esperanto (ERA), di cui abbiamo già avuto modo di parlare in qualche articolo: «Peccato
solo che quest’affermazione sia piuttosto un ‘lessico della falsità’, non
corrisponda alla verità, né possa essere considerata responsabile visti
i ritmi parossistici dell’attacco all’Euro».
A parte
che Squinzi non ha parlato di ‘lessico DELLA verità’ ma DI verità; che non è
affatto la stessa cosa. D’altronde non si capisce cosa sia “falso” nell’augurarsi
che i politici non dicano falsità (ah, capisco, è una “falsa speranza”…). Né
può dirsi “falso” ritenere che l’Unione si possa fare solo tramite la cessione
di una parte di sovranità; cioè unione bancaria e politiche comuni. Che poi
questo sia possibile o no, che lo si voglia fare o meno, è un altro discorso.
Ma Pagano
continua:
«Gli Stati Uniti d’Europa non possono e non devono attendere
tanto. In quanto europei non ce lo possiamo permettere, pena il finire
definitivamente schiacciati dalle superpotenze storiche e da quelle emergenti. La
strada più diretta e semplice per contrastare la colonizzazione in atto
e costruire l’Europa in poco più di cinque anni si chiama lingua federale:
solo l’introduzione dell’esperanto permetterà una rapida e profonda
integrazione economica e sociale, aprendo nuovi scenari imprenditoriali
fino ad ora inimmaginabili».Giorgio Pagano, ERA |
«Si pensi solo, per esempio, alla facilità
con cui negli Stati Uniti d’Europa potrebbe essere creato un network televisivo con un mercato interno linguisticamente
unificato di 500 milioni di persone, da aggiungere a tutti i potenziali clienti
raggiungibili nei giganti asiatici, da dove la voglia di non soccombere
all’inglese giunge fortissima, Cina e Giappone in testa. Un semplice
esempio che mostra quale sia l’unica vera strada percorribile per la crescita economica
tanto auspicata da Squinzi. Il lessico della verità dell’Europa comincia
con la voce ‘lingua federale’» ha detto in conclusione il dirigente Radicale.
Riportando
in maniera che mi pare forzata il discorso su quanto interessa a lui, ci parla
di ‘lessico DELLA verità’: riuscite a percepire la presunzione inconscia?
E riuscite a percepire l’ignoranza di chi si batte in favore dell’esperanto
contro la “colonizzazione”, e poi parlando nella sua lingua madre, l’italiano,
usa l’inglese network, invece
di rete?
Sopratutto
Pagano ci dà un’altra volta l’impressione di chi non sa di cosa sta parlando.
Ragioniamo su quanto dice: vuol fare una Unione che non sia però colonizzazione
(fin qui tutto bene) perché è ormai
diventato sconveniente economicamente e culturalmente (fin qui tutto bene): e solo l’esperanto
può proteggerci dall’inglese imperante, in quanto lingua artificiale non
rappresentativa di nessun paese, cioè di tutti (fin qui (quasi) tutto bene….). Quindi costruiamo una rete
televisiva che veicoli questa lingua in tutta l’Unione Europea (il problema è l’atterraggio!).
IL
PROBLEMA DELL’ESPERANTO è che non è una lingua reale (cfr articolo: inglese vs. esperanto). Ed è un problema almeno
da 2 punti di vista: il primo, linguisticamente abbastanza ovvio, è che
una lingua artificiale non è carica di quella stratificazione che porta
le lingue reali ad essere rappresentative di una cultura. Mi spiego in due
parole: conoscendo la storia dei significati e dell’etimologia si può
ricostruire una storia del pensiero di un popolo, di una civiltà. Il
vantaggio di conoscere in maniera approfondita una seconda lingua, come
l’inglese, è che arricchisce notevolmente il nostro pensiero, dandoci
nuovi modi di vedere il reale. L’esperanto prende etimologie da diversi ceppi
linguistici, formando un’interessante quanto non riconoscibile concatenazione
di concetti. Diventa insomma una lingua piatta, una serie di etichette
da concatenare in un elementare sistema grammaticale. Appiattisce la
comunicazione, il discorso diventa macchinario.
Il secondo punto di vista, è politico-sociale. Gli stati promuovono
la propria lingua, cioè la propria cultura, per una questione di prestigio,
che si tramuta in potere. È sempre stato così. Lorenzo de Medici
si operò lungamente per convincere gli altri signori d’Italia ad adottare la
lingua di Dante nell’amministrazione pubblica; per pura erudizione?
La Francia
non ha ancora mandato giù la sconfitta da parte della lingua inglese, credete
sia per pura vanità? L’America (e l'Inghilterra) non mollerà facilmente lo scettro. Sia
prova dell’importanza di questo legame lingua-prestigio-potere la
recente crescita di studenti di lingua tedesca (cfr articolo). All’esperanto
non si darà spazio, non nel prossimo futuro. La strada migliore è
promuovere l’italiano, accanto all’inglese al francese ecc. Studiare quante
più lingue possibili, avendo una ferma coscienza della propria lingua madre.
Questo vuol
dire avere Cultura. D'altro lato, fare quanto stiamo facendo alla nostra lingua vuol
dire, qui sono d’accordo con Pagano, Colonizzazione, per molti aspetti autoimposta. Sapere solo l’italiano,
rifiutare altre lingue e comunicare in esperanto, è Provincialismo, che
è in fondo una forma di colonizzazione, seppure opposta alla prima.
L’ATTERRAGGIO,
infine, è vero virtuosismo intellettivo. Per
evitare la colonizzazione, imponiamo
la lingua esperanto, e creiamo un mezzo che, unico e unificante, possa propagandare
a tutti simultaneamente un’idea unica espressa in una lingua piatta, priva
di sfumature e significati “altri”. Alla faccia della colonizzazione!
Coltiviamo
invece la diversità: la NOSTRA diversità, e la diversità degli altri.
Ant.Mar.
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