Laura Garavini (PD) |
LA
CAUSA: All’epoca dei mostruosi tagli del governo Monti
(che furono solo gli ultimi e più feroci di una serie di tagli trentennale) ai finanziamenti alle scuole di italiano
all’estero, vi fu un incontro al Ministero degli Affari Esteri, proprio per
riflettere su come affrontare gli anni a venire avendo meno della metà delle
risorse necessarie. Il risultato di cotanta riflessione fu, più o meno: “si è vero, non abbiamo più una lira, ma se
ci vogliamo bene e ci sforziamo tutti, ce la possiamo fare.” Tanto che
intitolai l’articolo che ne trattava “TANTO FUMO E NIENTE ARIOSTO”.
Avevo ragione ad essere
pessimista? Oggi, a quasi un anno di distanza, vediamo gli effetti di questa scelleratezza:
L’EFFETTO:
Laura Garavini, il 28 giugno scorso, ha presentato in
Commissione Affari Esteri una interrogazione urgente inerente la Scuola
italiana di Asmara, (Fonte) che possiamo prendere tranquillamente come esempio per
tutte le altre scuole, come la stessa Garavini lascia intendere. Ma vediamo
cosa ha dichiarato: “La normale ripresa
dell'anno scolastico presso la Scuola statale italiana di Asmara è a rischio.
E lo stato di sofferenza di questa scuola pubblica italiana dimostra come, in
generale, l´insegnamento della lingua e cultura italiana all´estero rischi il
collasso a causa dei tagli apportati
negli anni scorsi dai Governi Berlusconi e Monti”.
“La situazione ad
Asmara é aggravata dalle restrizioni
previste dalle autorità eritree che
peggiorano ulteriormente lo stato di
sofferenza in cui versa l´istituto a causa della riduzione del contingente di docenti italiani all’estero, deliberato dalla spending review dal Governo Monti. L´Eritrea prevede una durata
massima di soli cinque anni per i permessi di lavoro, così che molti docenti di
ruolo devono rientrare senza poter essere sostituiti, dimezzando di fatto il corpo docente”.
“Sarebbe dunque
opportuno da parte del Ministero agli
Affari Esteri rinegoziare gli accordi fra Italia ed Eritrea, prevedendo una
maggiore flessibilità nei permessi di lavoro. Più in generale, va urgentemente
definito ed approvato il decreto di
nomina dell´organico in partenza, come pure vanno rese pubbliche le graduatorie risultanti dall´ultimo concorso
eseguito”.
“Il problema vero però, per la scuola di Asmara, ma anche per quella di Atene,
di Nizza e di diversi istituti che
si avvalgono di insegnanti di ruolo dall´Italia (per esempio in Germania) è che i tagli al contingente introdotti dalla spending review nel luglio del
2012 sono di entità tale che rischiano di fare saltare l´intero sistema
dell´insegnamento della lingua e cultura italiana, sia negli istituti
pubblici italiani che in quelli stranieri, senza che le risorse attribuite agli
enti gestori siano sufficienti per rimediare ai danni prodotti”.
“Ecco perché è positivo”,
ha concluso la Garavini, “che da parte del Governo ci sia la consapevolezza della gravità della
situazione ed é opportuno ogni sforzo, volto, da un lato, ad evitare tagli lineari e dall´altro a
prendere in considerazione l´ipotesi di un congelamento
della riduzione del contingente”.
Scuole di italiano nel mondo. |
RIFLESSIONI
CONTINGENTI: Lo dico in tutti gli articoli che parlano della posizione della lingua
italiana all’estero. I punti sono pochi e cristallini: innanzi tutto, sapendo che l’italiano resta una delle lingue seconde
più studiate al mondo (la quarta, secondo alcune stime), bisogna chiedersi,
perché c’è tanta gente interessata alla nostra lingua? chi sono coloro che la studiano? Ebbene, a parte una minoranza
consistente di stranieri “totali” attirati dalla musicalità della lingua e in
generale dalla cultura italiana, almeno
il 70% di coloro che studiano l’italiano come lingua straniera sono figli di
figli di figli di emigranti. Basti confrontare l'immagine della presenza di scuole di italiano nel mondo con i paesi che hanno rappresentato le mete privilegiate degli emigranti italiani... Sono ex-italiani, interessati a un ritorno
alle proprie radici attraverso la lingua, punto primario per l’identità degli
esseri umani. Quindi, per l’ennesima
volta dal 1861, lo Stato italiano abbandona i propri figli emigrati. Anzi, addirittura ci invitano a lasciare il paese, proponendo l'insegnamento in lingua straniera come prima lingua nelle città di frontiera, in modo da facilitare l'integrazione all'estero (cfr articolo)! Bene!
bravi!
Ma questo, diciamolo
pure, è il minimo… è una questione di cuore più che di cervello (che comunque c’entra
molto). Guardiamola più freddamente: cosa
ci interessa che la nostra lingua sia conosciuta da più persone possibili all’estero?
È presto detto: la lingua veicola una cultura, e la cultura è indice di potere. Proprio di potere politico, economico e militare: basti sottolineare come la lingua tedesca, di gran lunga meno
studiata dell’italiano fino a pochi anni fa, col crescente potere della Germani
sta salendo vertiginosamente le
graduatorie (cfr articolo).
Vogliamo contare
qualcosa a livello internazionale? Diffondere la nostra lingua nel mondo e un
primo
e fondamentale passo per farlo. Non
solo la Germania, ma anche la Francia
e la Spagna spendono risorse e
formano docenti per spandere quando più possibile la loro lingua. E qual è il
paese al mondo che spende di più per l’imposizione della propria lingua nel
mondo? L’America. E l’America, le
questioni di potere, le capisce molto bene.
Ma anche lo Stato italiano lo sa bene, visto che mentre annulla scientemente l’insegnamento
ai civili, spende tempo e risorse per l’insegnamento
della nostra lingua ai militari dei paesi in cui abbiamo forti interessi
economici, primo fra tutti il Libano (cfr articolo).
D’altra parte, lo
stesso Stato spinge affinché la lingua
del popolo italiano, che tanto ha raccontato nella storia d’Europa, sia messa sempre più da parte (cfr articolo), e gli stessi italiani “colti” (colti da ignoranza passiva, verrebbe
da dire) pretendono che l’italiano sia una lingua ormai inutile e persino
incapace di esprimere scienza e cultura: vedi il caso del Politecnico, ma anche dell’Università di Udine, ma anche della Ca’ Foscari di Venezia, e di altre 6 universitàitaliane, (salvo nuove arrivate che mi sono sfuggite) ma anche nei licei linguistici (dove sarebbe il
minimo), ma anche nei licei classici e scientifici… Insomma, in tutti gli aspetti della vita degli “italiani” di
domani.
Tutto va per il meglio, per l'americanizzazione come "processo di conquista mondiale" (definizione di Robert Phillipson, linguista anglofono). Non hanno neanche bisogno di venire con le armi: ci hanno convinto della nostra inferiorità, e così ci colonizziamo da soli.
Ant.Mar.
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