Ormai si è perso il conto delle università italiane in Italia
che propongono corsi in inglese. Il primo, e più discusso fu il caso del Politecnico di Milano, in seguito bloccato dal Tar che ha accolto la
richiesta di molti docenti. Poi fu il caso dell’Università di Udine, seguita a ruota dalla Ca’Foscari di Venezia, da molti licei
– anche classici e scientifici. Tutti
cominceranno dal 2014, e ovviamente non poteva mancare la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica, che offre agli studenti italiani, comunitari e non,
l’opportunità di frequentare un corso di laurea in Medicina e chirurgia tutto
in inglese.
Il corso di laurea si intitola appunto “Medicine and surgery” (medicina e
chirurgia); i posti disponibili sono 52 in
tutto, così suddivisi: 30 sono
riservati a cittadini italiani e
comunitari ovunque soggiornanti e a cittadini
non comunitari legalmente soggiornanti in Italia; 20 sono i posti per cittadini non comunitari residenti all’estero; 2 quelli
riservati a cittadini cinesi nell’ambito del Programma ministeriale “Marco
Polo”. La domanda di partecipazione agli esami di ammissione dovrà essere
presentata entro il 5 agosto 2013.
Il corso ha l’obiettivo di formare medici che, per la
loro preparazione umana e professionale,
siano pronti a operare sia nei Paesi più
avanzati sia in quelli in via di sviluppo. Ma in inglese. Abbiamo
già denunciato in questo giornaletto il gravissimo
problema che la dominanza dell’inglese provoca negli ospedali in Italia
(cfr. articolo). L’inglese nella sanità dei paesi dove non si parla inglese rappresenta uno dei risvolti più
allarmanti, più crudeli, del cosiddetto “solo inglese”. E invece di
risolvere il problema, ci prepariamo a
formare un esercito di medici che non sarà in grado di comunicare chiaramente
con i malati. E, se c’è una cosa che è fondamentale nel trattamento medico,
è proprio il rapporto di fiducia e comunicazione bilaterale tra medico e
paziente.
Non solo: il
test d’ingresso, essendo i posti decisamente limitati, è molto difficile. I
candidati italiani, europei comunitari e non comunitari e i candidati non
comunitari residenti all’estero in Paesi che non parlano inglese dovranno presentare il curriculum vitae in base
al quale saranno ammessi a sostenere la prova, oltre ovviamente a dover
essere in possesso di un certificato attestante il livello di conoscenza della
lingua inglese.
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La prova scritta che si terrà lunedì 16 settembre
2013, alle ore 14 a Roma, presso
l’Università Cattolica e nelle sedi estere di Buenos Aires, Shanghai, Nuova Delhi, Tel Aviv, Johannesburg, Dubai e New York, , consisterà nella soluzione,
in 100 minuti, di 100 quesiti a
risposta multipla di cui 95 su argomenti psico-attitudinali (logica, ragionamento spaziale visivo, comprensione
brani, attenzione e precisione, ragionamento
numerico, soluzione di problemi)
e 5 di cultura religiosa. Insomma, solo il meglio del meglio a livello
mondiale potrà accedere al corso. Un gruppo di giovani di ottima cultura,
proveniente da diverse parti del globo, sarà
formato nell’unica lingua dell’impero dominante.
Il corso, ovviamente, è al livello degli studenti che
pretende. Presenta una significativa innovazione
sia per quanto concerne le metodologie,
i contenuti didattici offerti con una piena integrazione tra discipline
biologiche, umane e cliniche. Un approccio
multidisciplinare affiancato a un precoce coinvolgimento nell’attività clinica è proprio la peculiarità di
questo nuovo percorso formativo, e il suo maggiore punto di interesse. Lezioni frontali, tirocinio pratico, autoapprendimento,
apprendimento guidato, seminari, approfondimenti culturali relativi alle scienze umane in un
contesto di stretta interazione con i
docenti, alcuni provenienti da istituzioni straniere, scelti, anche loro,
per l’eccellenza nell’educazione medica.
E poi, il giovane medico, formato come meglio non si
può, va in Brasile e dice ai genitori di un povero bambino delle favelas, che purtroppo il piccolo ha
bisogno di un check-up, di uno screening, e che sarà forse necessario
rivolgersi alla Unit Stroke… e se
loro non capiscono, bé, che studiassero un po’ l’inglese! Ovviamente esagero: un medico di tal fatta, non cura certo i poveracci. Specie i poveracci non anglofoni, che come sappiamo (cfr articolo) sono ancora più poveracci.
Ant.Mar.
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