lunedì 3 dicembre 2012

LINGUAGGIO OMOFOBO SU TWITTER: PENSIAMOCI



prima pagine di nohomophobes.com
Homophobic language isn’t always meant to be hurtful, but how often do we use it without thinking? 

Il linguaggio omofobo non sempre è destinato a fare male, ma quante volte lo usiamo senza pensarci?

È la prima cosa che si legge sul sito nohomophobes.com, creato proprio per monitorare la quantità di espressioni omofobiche su Twitter. Attenzione: monitorare, non controllare, né tantomeno censurare, proprio perché bisogna sempre tener conto del contesto con cui le parole vengono usate.

LINGUAGGIO OMOFOBO: È importante che vi sia questa consapevolezza, anche per gli omosessuali, che non sempre dire “frocio” ha intenti offensivi. D’altra parte, è vero, che pure la parola “gay”, benché venuta in soccorso ai parlanti italiani che non trovavano una parola non offensiva per riferirsi agli omosessuali (a parte “omosessuale”, appunto), in certi contesti è usata in modo volutamente offensivo.

Insomma: non si tratta della solita esagerazione politicamente corretta, che nei paesi anglosassoni ha spesso preso pieghe preoccupanti. Qualche mese fa a Londra un ragazzo è stato arrestato per insulti omofobici, avendo dato del gay… a un cavallo! (cfr articolo)


Senza censura, ma solo con l’intento di far riflettere, sulla prima pagine di nohomophobic.com troviamo delle parole: faggot, no homo, so gay e dyke, e dei numeri a 7 cifre, ma in continua crescita, che ci informano su quante volte quella singola parola, su Twitter, è stata usata.

Al di sotto di questi dati, troviamo i più recenti, anche questi in continuo rinnovamento, tweet in lingua inglese che contengono una o più parole segnalate. Proprio per lasciar poi giudicare, a chi visita il sito, dal contesto.

PENSIAMOCI: Quindi l’invito è semplice: non autocensuratevi, anzi continuate pure a dire “frocio”: ma pensateci.
È quello che ho fatto io, e a proposito di “frocio” ho fatto delle scoperte interessanti: non è chiaro da dove venga etimologicamente questa parola.

In generale, l'etimologia più diffusa (proposta da Chiappini, accennata anche nel Battaglia ed accettata da DeMauro) mette in relazione con froscio / frocio  i perversi costumi (sessuali e non) dei lanzichenecchi del papa, che fra l'altro sarebbero stati spesso e volentieri ubriachi, ed avevano quindi le "froge" (narici) del naso rosse e gonfie. Da qui l'epiteto di frogioni / frocioni che nella seconda forma è ancora in uso (seppur con il nuovo significato) a Roma.

Massimo Consoli  in Feroce, floscio o al limite gay, "Paese sera", 22 ott. 1985, p. 5) propone tre possibili etimologie:
per approfondire l'etimologia clicca sull'immagine
  • La prima da feroci, epiteto lanciato contro i lanzichenecchi che misero a sacco Roma nel 1527 e che nella loro furia stuprarono indistintamente uomini e donne.
  • La seconda fa riferimento a una non meglio identificata "fontana delle froge" (narici) presso cui anticamente si sarebbero riuniti gli omosessuali romani.
  • La terza infine si richiama a floscio (a sua volta dallo spagnolo flojo) con la tipica rotacizzazione del romanesco (in cui altra volta diviene artra vorta, e floscio, froscio), e che indicherebbe sia l'incapacità dei froci ad averlo "tosto" con le donne, sia la loro mollezza.
Quest’ultima è abbastanza convincente se pensiamo ad un’altra parola romana, “checca”, che letteralmente vuol dire ghiaccio (cfr “grattachecca”) e che fa riferimento appunto alla freddezza degli omosessuali di fronte alle donne; ma non mi convince il rotacismo romano: sarebbe l’unico caso di rotacismo preceduto da consonante -f-.

Ma al di là di questioni tecniche, è importante accorgersi che vedendo l’etimologia, pur incerta, della parola, si capiscono molte cose: almeno che i “froci” (etimologicamente) fanno paura, come fecero paura i Lanzichenecchi; come fa paura ciò che è diverso, come fa paura ciò che non si conosce.
Riflettere, pensare alle parole che usiamo ci spinge a conoscere meglio l’altro, e noi stessi.

Per cui, non essendo omosessuale e non avendo particolarmente a cuore il problema dell’omofobia se non per motivi “scientifici”, colgo l’invito di nohomophobic.com e lo estendo: qualunque cosa diciate, parolaccia o no, avverbio o persino congiunzione, pensateci. Scoprirete molto su di voi, e forse anche sugli altri: cioè sulla lingua (il pensiero) che ci accomuna tutti in quanto italofoni.

Solo per consapevolezza, che è poi un primo passo verso la libertà (di pensiero).

Ant.Mar.

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