IL DOPPIAGGIO IN ITALIA: Ha fatto notizia recentemente
che la versione in lingua originale sottotitolata - proiettata
in una sola sala a Roma - del film
Django Unchained, sta facendo ogni sera il tutto esaurito. Mentre, si noti lo squilibrio, in 23 sale si trova lo stesso
film doppiato. Fa notizia, cioè, che gli italiani vadano al cinema a vedere film in
lingua originale, che comincino a preferirlo al doppiaggio, come fanno in buona
parte dell’Europa. Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile sollevare il
problema doppiaggio si o doppiaggio no; oggi si trovano dei sondaggi sulla rete. Un’altra cosa che stupisce è che gli italiani risultano tra gli ultimi
per conoscenza della lingua inglese. Che succede? E perché da noi il doppiaggio
è più usato che altrove in Europa?
giovedì 31 gennaio 2013
sabato 26 gennaio 2013
HASHTAG vs. MOT-DIESE
DA
HASHTAG A MOT-DIÈSE: Ha fatto molto scalpore, in Italia (visto che in Francia non ne ha parlato quasi nessuno), la
scelta “purista” dei francesi di tradurre
la parola hashtag in mot-dièse (alla lettera: parola-diesis, o parola-cancelletto). La pubblicazione di questo nuovo lemma sul Journal Officiel de la Rèpublique française
è avvenuto il 23 gennaio. Scelta giusta o sbagliata? Sono dei “nazionalisti
linguistici”, i francesi? Senza alcun dubbio. Ma cosa li ha spinti a questa scelta, che molti (tutti?) in Italia
reputano sconsiderata?
Mi
sono fatto un’ideuzza: proprio pochi
giorni prima dell’ufficializzazione della traduzione francese, il 7 gennaio, la American Dialect Society, un po’ l’equivalente dell’Accademia della
Crusca per noi, ha deciso che la parola
dell’anno 2012, nella loro lingua, è hashtag.
Con
il crescere del successo di Twitter e
l’aumento degli utenti che lo utilizzano con regolarità, il termine è diventato
di uso comune per molti nell’ultimo anno. Negli Stati Uniti, qualche coppia particolarmente amante
della rete sociale ha deciso addirittura
di chiamare il proprio figlio Hashtag;
e l’ultima edizione prima del passaggio al digitale del noto magazine Newsweek
è stata intitolata con l’hashtag #LastPrintIssue.
venerdì 25 gennaio 2013
SMS: STORIA, CARATTERISTICHE E PROBLEMI DELLA 'LINGUA DEI MESSAGGINI'
LA LINGUA SMS: Tra le
conseguenze più evidenti delle nuove tecnologie sul linguaggio certamente la
più chiara di tutte, la più “pubblicizzata” e la più criticata, è il linguaggio dei messaggini, o dei bimbominkia, per dirla con superiorità.
Ma che c’è di male, esattamente, nello scrivere cmq o xké? Come è nata, come si è evoluta, che
conseguenze ha, perché è così osteggiata, non solo in Italia ma in tutti i
paesi occidentali, la lingua degli SMS (Short Message Service)?
Partiamo dall’inizio: Nel
1984, quando la sorte della scrittura sembrava nera, ormai abbandonata da gran
parte delle popolazioni occidentali in favore dei media audiovisivi, Gian Paolo
Caprettini descrisse la telefonata come una “lettera simultanea”. Ci aveva
visto lungo, se quindici anni dopo esce lo studio di Naomi S. Baron (Letters
by phone or speech by other means: the linguistic of email, «Language and
communication») che si riferisce allo scritto vero e proprio, alla posta
elettronica. La prima conseguenza dei
messaggini, di cui subito linguisti
si sono accorti, è stata un ritorno
massiccio allo scritto; di lì a poco internet avrebbe ingigantito il
fenomeno. Quindi, il primo effetto dei messaggini è stato innegabilmente positivo.
Il
primo messaggio fu inviato nel 1992 da un pc, in
Inghilterra; e verso la fine degli anni Novanta del 20° secolo la scrittura di
messaggini era già parecchio diffusa; di pari passo, ovviamente, col
diffondersi dei telefonini GSM (Global System for Mobile communications).
Ma è solo con il 21° secolo che il
telefono è entrato a far parte a pieno diritto tra gli strumenti di scrittura;
accanto a penna, macchina da scrivere e pc. Ancora nel 2002, infatti, uno dei
primi saggi dedicati in Italia ai cosiddetti messaggini si intitolava
"SMS. Straordinaria fortuna di un
uso improprio del telefono". Vi pare di usare il telefono in modo
improprio quando scrivete un messaggino?
CARATTERISTICHE: Inizialmente il messaggino non poteva superare i 160
caratteri, e non c’era il dizionario automatico: ogni lettera bisognava
cercarla premendo più volte il tasto. Proprio da questo –
cioè i limiti di spazio e la difficoltà di esecuzione – derivano i vari
espedienti utili per scrivere in maniera più veloce e breve. Ma è riduttivo
pensare che sia un linguaggio meccanicamente determinato dalle caratteristiche
del mezzo. C’è qualcosa di più, una vivacità inaspettata nella lingua dei
messaggini.
mercoledì 23 gennaio 2013
WIKIPEDIA: UN MILIONE DI VOCI IN LINGUA ITALIANA
La prima voce sull’edizione in
lingua italiana di Wikipedia è stata creata nell’agosto 2001,
sette mesi dopo la nascita dell’enciclopedia. Nel febbraio 2003 sono state
raggiunte le mille voci, le 10.000 nel giugno 2004, le 100.000 nel settembre
2005.
Da allora in media ogni giorno trecento nuove voci si aggiungono a quelle
già presenti. Ogni mese ci sono più di mezzo milione di modifiche,
dall’aggiunta di una singola virgola al rifacimento di intere sezioni: dalla
nascita della versione italiana il numero complessivo di modifiche
all’enciclopedia ha superato i 38 milioni. Ogni mese si iscrivono a Wikipedia
quasi cinquecento persone: il numero totale di utenti registrati
nel tempo ha raggiunto quota 800.000, di cui più di 8.000
hanno effettivamente contribuito nell’ultimo mese. Due terzi delle voci sono
più lunghe di 1.000 caratteri, e un quinto supera i 4.000 caratteri.
E oggi, 22 gennaio 2013, Wikimedia Italia
(WMI) ha annunciato che l’edizione in
lingua italiana di Wikipedia
ha raggiunto il traguardo di un
milione di voci. La nostra lingua è la quinta a raggiungere
questo traguardo, dopo inglese, tedesco,
francese, e olandese.
“Il traguardo raggiunto è davvero importante,
e ci rende fieri del lavoro che è stato compiuto in poco più di dieci anni
– afferma Maurizio Codogno, portavoce di Wikimedia Italia -. Siamo
convinti che la quantità non debba essere disgiunta dalla qualità. Tantissime
persone consultano l’enciclopedia, ma sono ancora pochi quelli che hanno il
coraggio di correggere gli errori che trovano. Non possiamo essere esperti su
tutto lo scibile umano, ma correggere un errore di ortografia è alla portata di
tutti, e contribuisce ad avere un’opera sempre migliore”.
Difficile, comunque, individuare esattamente la
milionesima voce pubblicata, comunica Wikimedia Italia.
martedì 22 gennaio 2013
LA QUESTIONE LINGUISTICA NELL'UNIONE EUROPEA: RICAPITOLANDO.
LA QUESTIONE LINGUISTICA è decisamente uno dei temi “caldi” che L’Unione Europea tenta di
affrontare, talvolta maldestramente. Sono molti
i problemi che sono sorti e che continuano a spuntare ovunque nei confini
comunitari legati ad aspetti tecnici
(cioè strettamente linguistici), tecnologici
e politici della lingua. Specialmente gli aspetti politici – la tutela
dell’uso e la promozione della nostra lingua all’interno dell’Unione – stanno
molto a cuore al nostro paese; cioè ai nostri rappresentanti a Bruxelles, di
destra come di sinistra.
Il problema, dal punto
di vista politico, è che, tutte le lingue ufficiali delle nazioni che fanno
parte dell’UE, sono a loro volta lingue
ufficiali e di lavoro dell’UE; ma tra queste l’inglese il francese e il tedesco sono di gran lunga privilegiate:
gran parte dei documenti ufficiali sono scritti, per ragioni di tempi e di
costi, in queste sole 3 lingue; su 23
quante sono le lingue ufficiali. L’inglese, inoltre, è lingua
internazionale mondiale e, a parte per gli italiani che risultano penultimi –
seguiti solo dai russi – per conoscenza della lingua, risulta di fatto la
lingua privilegiata per la comunicazione internazionale.
Soprattutto, l’inglese
veicola la cultura dominante in questo periodo storico e, specialmente in
Italia, l’ingresso di usi linguistici e di lessico anglosassone/americano nelle
lingue comunitarie si fa sempre più
pressante.
LE PROPOSTE RISOLUTIVE: Questa situazione
provoca un certo numero di reazioni. Da
un lato c’è chi milita perché venga adottata, per i documenti UE, solo una
lingua (l’inglese) o un limitato numero di lingue ufficiali (guarda caso
francese, inglese e tedesco); questo partito ha, di fatto, la meglio. Dall’altro lato, Italia e Spagna in
prima linea, c’è chi non accetta che la
propria lingua non venga adeguatamente rappresentata, e spinge perché siscriva e parli in tutte e 23 le lingue ufficiali; noi abbiamo portato a
Bruxelles persino il dialetto. Questo secondo partito è presente e si fa
sentire molto spesso: recentemente l’Italia ha ottenuto una sentenza favorevole
dalla Corte Europea riguardo a questi temi.
In mezzo a questi due
estremi, un terzo estremo, che è comunque, come gli altri, molto ragionevole
per certi aspetti. È il partito di chi
milita perché l’esperanto diventi la lingua internazionale mondiale, al posto
dell’inglese. L’esperanto è una lingua artificiale e semplicissima creata
prendendo parole di radice latina, germanica, greca e slava in modo che ameno
una parte del lessico sia immediatamente riconoscibile a tutti (in occidente). In questo modo, dicono, si farà fronte alla
“colonizzazione linguistica” (così dicono) dell’inglese, e all’abuso di
potere di Francia Inghilterra e Germania. Sono persino contrari
all’insegnamento dell’inglese a scuola: l’esperanto, bisognerebbe insegnare!
GIORNATA NAZIONALE DEI DIALETTI
Er diciassette de ggennaio sc’è stata ‘a ggiornata nazzionaleder dialetto, e io – che me ‘nteresso de ‘ste cose sia ppe’ piascere personale
che pecché tengo ‘sto giornaletto – nun ce lo sapevo; pe’ favve capì quanto l’hanno
pubblicizzata, ‘sta cosa. Comunque, l’intenti de ‘sta ggiornata, voluta e
organizzata dall'Unione Nazionale della Proloco italiana, so’ ‘n pratica de diffonne e de faje piasce’
a’a ggente er dialetto loro, visto che, dicheno, ner monno sce sta ‘na lingua
locale che sparisce ner nulla ‘ggni 14 ggiorni. E qquindi io, che so’ nato a
Roma, me metto a fa’, in ritardo, un bell’articoletto in romanesco. Così, ppe’
divertimme.
‘A situazione di’i dialetti in Italia, ppe’ la
verità, nun è che sia davero preoccupante: ner senzo che, se è vero che da’n
lato l’italiani che lo sanno parlà ppe’ davero, er dialetto, so’ ormai scirca
er quinnisci ppeccento; dall’artro lato tutti gli italiani usano la loro
parlata regionale, e so’ caratterizzati da n’accento locale. Specie ar zud, ma
pure nell’estremo norde. Ar punto ch’ii linguisti dicheno che stamo in “diglossia”,
sarebbe a dì che semo ‘na specie de bilingui, e che semo capaci de sceje senza difficortà
se parla’ dialetto o italiano.
Però, ‘a cosa che seconno me è a più interessante è
er fatto che, ‘na vorta, ai tempi de li nonni nostri, parlà dialetto nun era ‘na
bella cosa, pareva ‘na cosa da burini. Oggi invece er dialetto, o ‘a parlata regionale,
c’ha ‘n zignificato diverso: oggi se sentimo tutti più sicuri sulla nostra
competenza de lingua italiana, e quinni stamo a riscoprì er dialetto, che ha
preso a esse considerato come na lingua de piascere, ‘a lingua d’a’amichi. Nun ve
pare ne ficata?
Ortre a ‘sta cosa, che a me me pare davero ‘na bella
cosa, ce ‘sta pure n’artro aspetto, che mo’ ve dico. Specialmente ar zud, e
nelle zzone de l’estremo norde, tipo ‘n Veneto, er dialetto rippresenta ‘a
lingua d’aa tradizione, d’ee radici. Pe’ favve capì, io, che so’ nato a Roma, ci’ho
mi’ padre che è calabrese, e sibbene ch’abbita a Roma da tipo 30 anni, se se mette a parlà cco’ l’accento romano, lo
sgami subbito che nun è de Roma. Infatti, quanno parla co l’amichi sua calabbresi,
oppure quanno se ‘ncazza, se ne esce cor dialetto suo. Ppe’ questo che io, fin
da che ero regazzino, capisco er dialetto calabrese, e lo so pure parlà. Solo che
se lo parlo, come mi padre cor romano, me sgami subbito che nun zo’ calabro. Però
er calabrese rimane, pe mme, ‘na lingua c’arippresenta ‘e radici mie. Me ricorda
mi nonna, er zole er mare, er peperoncino, ecc. A ppensacce bbene, è er dialetto l'unico legame che me resta c'aa tera de l'avi mia. Pe’ qquesto mo’ concludo st’articolo
facennove legge ‘na poesia, ner mio dialetto calabrese, ccosì, pe’ omaggio. ‘Sta
poesia, in più, parla proprio der dialetto: l’ha scritta un contadino semianarfabeta
der paese de mi padre, Slavatore Filocamo.
'U
dialettu
Quandu
Diu crijau l'omu no ndavia
professuri e maestri, e mancu scoli;
e perciò Adamu u leji non sapia,
no illi, no 'a mugghieri e no i figghioli.
Senza libri e quaderni, 'nchiostru e pinni
a tutti 'i cosi ed a tutti 'i nimali
si misi 'u nomu, comu vinni vinni:
accussì nesciu 'a parra dialettali.
E tutti i discendenti, i tandu 'n poi,
d'ogni pizzu d'a terra, d'ogni statu,
parraru ognunu c'u dialettu soi,
puru i curti d'i Re,m puru o Papatu.
'Nta'sti migghira d'anni chi passaru
vinnaru o mundu tanti crijaturi
e prima i tuttu u dialettu parraru;
povari e ricchi, gnuranti e ditturi.
Pecchi 'u dialettu esti com'o pani
chi facenu na vota, pani veru;
'u dialettu esti simprici e sinceru.
E' sinceru pecch' tutt'i palori
Chi nesciunu d'i labbra, boni e mali,
venino ddritti 'nta du cori
e sunnu veri, puru, naturali.
'Sta parra chi nesciu a para cu l'omu,
si, comu l'atti cosi, n'a guastamu
è ancora 'a stessa, tali e quali,
comu 'a parrau 'a prima vota Patri Adamu.
professuri e maestri, e mancu scoli;
e perciò Adamu u leji non sapia,
no illi, no 'a mugghieri e no i figghioli.
Senza libri e quaderni, 'nchiostru e pinni
a tutti 'i cosi ed a tutti 'i nimali
si misi 'u nomu, comu vinni vinni:
accussì nesciu 'a parra dialettali.
E tutti i discendenti, i tandu 'n poi,
d'ogni pizzu d'a terra, d'ogni statu,
parraru ognunu c'u dialettu soi,
puru i curti d'i Re,m puru o Papatu.
'Nta'sti migghira d'anni chi passaru
vinnaru o mundu tanti crijaturi
e prima i tuttu u dialettu parraru;
povari e ricchi, gnuranti e ditturi.
Pecchi 'u dialettu esti com'o pani
chi facenu na vota, pani veru;
'u dialettu esti simprici e sinceru.
E' sinceru pecch' tutt'i palori
Chi nesciunu d'i labbra, boni e mali,
venino ddritti 'nta du cori
e sunnu veri, puru, naturali.
'Sta parra chi nesciu a para cu l'omu,
si, comu l'atti cosi, n'a guastamu
è ancora 'a stessa, tali e quali,
comu 'a parrau 'a prima vota Patri Adamu.
Ant.Mar.
domenica 20 gennaio 2013
CULTURA ITALIANA? MEGLIO IN INGLESE!
![]() |
Federiga Bindi, Direttrice dell'IIC a Bruxelles |
“La mia missione è
promuovere la nostra cultura presso gli stranieri, non siamo il dopolavoro degli italiani, e il giorno in cui in questa sala non ci saranno italiani per me sarà una
vittoria”.
Così risponde Federiga Bindi, Direttrice dell’Istituto
Italiano di Cultura a Bruxelles alle obiezioni di chi lamentava che durante la
presentazione del film “Girlfriend in a coma”, il 18 gennaio 2013, si parlasse in inglese fra italiani.
Ha ragione: gli
istituti di cultura italiana all’estero non
mirano a intrattenere gli italiani emigrati, come invece facevano i “dopolavoro”
e le “case d’Italia” al tempo del fascismo; quando l’intento era non solo
attirare e ‘fascistizzare’ le masse di emigrati, ma anche, e soprattutto, da farli restare italiani, con programmi
mirati soprattutto per i bambini nati all’estero.
Oggi, non è più questo
l’intento, per fortuna. Oggi, ciò
che gli istituti di cultura italiana si propongono è, come giustamente afferma
la Bindi, la promozione della nostra
cultura presso gli stranieri, presso coloro che con l’Italia non hanno
niente a che fare; presso quei pochi che si interessano alla nostra immensa
cultura e tradizione. Proprio per questo una delle attività più importanti degli
istituti di cultura è l’insegnamento della lingua italiana come lingua
straniera.
Dunque, non dev’essere
stata una bella giornata per la direttrice dell’istituto di cultura italiana a
Bruxelles, visto che la stragrande
maggioranza dei presenti era di nazionalità italiana, cosa che ha portato
al paradosso di vedere italiani, in una città francofona, parlare inglese
tra di loro. Il trionfo del cosmopolitismo! Ma la missione, dal punto di
vista della Bindi, è tutt’altro che compiuta: l’istituto da lei diretto non attira gli stranieri.
Pertanto è lecito chiedersi:
dove ha sbagliato Federiga Bindi, che voleva attirare gli stranieri e si è
ritrovata circondata da connazionali?
martedì 15 gennaio 2013
LO SPAGNOLO DIVENTERÀ LA LINGUA PIÙ PARLATA AL MONDO?
ESP: Con
cerca de 500 millones de hablantes, la lengua española es hoy, tras el
chino, la segunda lengua del mundo por número de usuarios. Y es el
segundo idioma de comunicación internacional, detrás del inglés. Dentro
de tres o cuatro generaciones, el 10% de la población mundial se
entenderá en español. Estados Unidos será el país con mayor volumen de
población hispanohablante del planeta, por delante de México.
Nell’ultima relazione che annualmente viene pubblicata dall’istituto spagnolo Cervantes,
promotore e diffusore dell’idioma e della cultura ispanica nel mondo,
presente a livello mondiale in 77 città, è dato sapere che la lingua
iberica gode come non mai di gran salute.
Nel mondo, riporta la relazione presentata dal direttore dell’istituto Víctor García de la Concha, e dal Ministro di Affari Esteri e di Cooperazione, José Manuel García-Margallo, le “bocche” che parlano lo spagnolo nel mondo sarebbero arrivate alla cifra record di 495 milioni.
L’idioma “Iberico” è la seconda lingua del mondo
per numero di “utenti” dopo il cinese, ed è anche la seconda lingua di
“comunicazione internazionale”dopo l’inglese. Si calcola che al passo
attuale fra tre generazioni il 10% della popolazione mondiale
comunicherà in spagnolo, e gli USA concentreranno un folto bacino di
persone che lo parleranno, superando addirittura il vicino Messico.
Non è da meno in internet.
Attualmente lo spagnolo occupa il terzo posto dopo l’inglese ed il cinese.
La sua presenza nella rete registra una crescita del 800 % negli ultimi
10 anni. Un vero e proprio boom riscontrabile anche nelle piattaforme
sociali più famose, quali Twitter e Facebook dove i risultati ricalcano quelli del mondo reale.
Dati sorprendenti anche in Asia.
In Cina ad esempio gli studenti che studiano lo spagnolo sarebbero
arrivati ad essere circa 25.000, lasciando all’orizzonte la cifra ben
inferiore di circa 1500 studenti, che si registrava 12 anni fa.
Lo
spagnolo che mi piace tantissimo e che trovo veramente straordinario
specialmente se applicato nella poesia o in certe canzoni melodiche, si
sta espandendo a macchia d’olio ed è dimostrato questo anche dalla
crescita che sta registrando lo stesso istituto, il quale annualmente
vede nelle proprie sedi un più 8% di studenti volenterosi di unirsi al
già folto gruppo di “hispanohablantes” nel mondo.
(fonte: this is cuba.net)
venerdì 11 gennaio 2013
COLONIALISMO E INDIPENDENTISMO LINGUISTICI IN EUROPA
![]() |
Consigli Federale a Berna |
BERNA – il 9 gennaio è stata consegnata
al presidente del Consiglio federale della Svizzera una petizione che chiede una
maggiore considerazione a livello confederale della lingua italiana. Avevamo trattato
la questione in questo articolo dell’undici novembre scorso in occasione delle
giornate d’incontro “L’italiano in Svizzera: lusso o necessità?”, svoltesi il
16-17 novembre 2012 all’Università di Basilea.
Le firme raccolte durante questi incontri sono
quasi 2.000, per chiedere al Consiglio federale di garantire che le lingue
nazionali abbiano una chiara prevalenza rispetto alle altre, come per esempio
l'inglese. Di particolare interesse è l’immediata reintegrazione di un delegato
addetto al plurilinguismo, il quale deve possedere appropriate competenze ed
essere sostenuto con adeguate risorse finanziarie.
La
vicenda ci dà l’opportunità di fare una piccola serie di riflessioni. Innanzi tutto
per ribadire lo stretto legame tra lingua e identità, e quindi politica. Ne sia
prova la recente polemica per quanto riguarda la denominazione di ‘linguaex-jugoslava’ per il gruppo di lingue serbo-croato. Eterno il conflitto tra
fiamminghi e francofoni in Belgio, e gli ultimi conflitti risalgono a pochi mesi
fa; una delle pretese principali degli indipendentisti di Barcellona è la
questione linguistica; che proprio nelle ultime settimane vive una sorta di
rivoluzione indipendentista ecc.
martedì 8 gennaio 2013
LERICI: UN CALENDARIO IN INGLESE PER ONORARE LA TRADIZIONE
“Dalle
pagine di questo calendario abbiamo
voluto ripercorrere, ad ottant’anni di distanza, le tappe di quella che fu un’impresa straordinaria"
affermano il
sindaco Caluri e l’assessore Tartarini, che sono intervenuti alla presentazione del calendario
dell’amministrazione comunale a Lerici, dedicato quest’anno alla grande
impresa del transatlantico Rex, che nel
1933 vinse il prestigioso trofeo Nastro Azzurro per la più veloce traversata
dell’Atlantico. All’evento, vista l’importanza politica ed economica di ogni
presentazione di un caendario, hanno partecipato anche il Presidente della
Società Marittima di Mutuo Soccorso Bernardo Ratti, il responsabile culturale
della Marittima Beppe Milano e Beppe Mecconi, che ha curato le pagine del
calendario con la collaborazione di Walter Bilotta per il supporto fotografico.
Fu proprio un comandante lericino, Francesco Tarabotto, riconosciuto come il più famoso fra i
naviganti di una lunga tradizione lericina di gente di mare, a compiere l’impresa. Per questo il
sindaco afferma che “nel ricordare l’anniversario
dell’impresa che ci ha reso celebri nel mondo, vogliamo anche rendere omaggio
alla nostra tradizione, che da secoli ci accompagna e ci caratterizza,
grazie al valore dei molti lericini che come il Comandante Tarabotto, hanno
scritto la storia dei mari. A questo proposito- prosegue il sindaco - stiamo
valutando di organizzare proprio a Lerici, una serie di manifestazioni dedicate alla nostra grande tradizione marinara e in
onore a molti dei nostri comandanti e uomini di mare”
Quale modo migliore, dunque, per onorare la propria tradizione
se non traducendo tutto il calendario in inglese? Eh già, con grande fatica, ben due traduttori Elisa Calvo e Matteo Cantile hanno
tradotto ogni brano, per fare un calendario bilingue. Così tutti gli anglofoni
interessati al calendario de comune di Lerici, potranno leggerlo e capirlo. Devono
essere tantissimi.
Soprattutto
per onorare quelli che vengono definiti dal sindaco “uomini di mare”, e la
tradizione che li rappresenta, si fa un calendario in inglese: mica nel
dialetto della povera gente marinara di Lerici. Operazione che, intendiamoci,
sarebbe stata altrettanto assurda, anche se opposta al farla in inglese. Ma quantomeno
un po’ più coerente, se si afferma di voler fare omaggio alla propria
tradizione, non italiana, ma particolare e locale.
Fare una seconda versione
in inglese, sarebbe stato molto meglio secondo me: imporre la lingua inglese su
un calendario comunale non mi piace. Ma è una cosa da niente, non importa,
giusto? Ma sommatela a tutte le altre piccole paroline e usi e inutilità finto
americane che ronzano nel nostro modo di parlare …
Ant.Mar.
A BRUXELLES SI PARLERÀ 'EX-JUGOSLAVO'
![]() |
Le lingue dell'area dell'ex Jugoslavia |
Tornerà in auge il serbo-croato? C'è chi, in vista dell'ingresso di
Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro nell'Unione europea propone
un'unica denominazione. Ma non tutti, ovviamente, concordano
Recentemente il linguista tedesco Michael Schazinger, membro
dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ha proposto di
riunire le lingue serbo, croato, bosniaco e montenegrino sotto un'unica
denominazione: “lingua ex-jugoslava”...
Non si può ad oggi dare molto credito a questa proposta dato che la
sua validità scientifica non sarà dibattuta sino a quando tutti i paesi
in cui si parla il serbo-croato non faranno parte dell'Unione europea.
Ma, in seno all'UE, esiste una tendenza a raggruppare queste lingue – ad
oggi se ne contano 4 – sotto lo stesso nome. Nessuno può sapere se alla
fine si continuerà ad utilizzare il termine serbo-croato, come di fatto
ancora avviene in numerose università europee, o si passerà
all'abbreviazione BCMS (bosniaco-croato-montenegrino-serbo) o se si
troverà una terza soluzione.
E' ciononostante interessante sottolineare come in Serbia non vi
siano istituzioni che ufficialmente si debbano occupare della propria
lingua all'estero o anche sul piano interno.
In Croazia invece il ministero per l'Educazione e lo Sport
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