LA NORMA ABROGATA: Mentre da una parte i linguisti italiani
si danno da fare per sconfiggere la piaga sociale che è il burocratese (“il linguaggio inutilmente complicato ed
ermetico in uso nella pubblica amministrazione”, secondo la definizionedella Treccani), tra cui la recente
iniziativa di Zanichelli di cui
abbiamo parlato QUI, lo Stato fa di
tutto invece per ingrossare quel muro di indifferenza che c’è tra le
istituzioni e i cittadini.
Dopo
dodici anni è stata cancellata la cosiddetta norma Bassanini
(promulgata dal ministro Frattini nel 2001), che obbligava i dipendenti
pubblici “ad adottare un linguaggio
chiaro e comprensibile” coi cittadini italiani. Non che la norma sia mai
stata osservata, in realtà, e il burocratese
non ha mai smesso di perseguitare i poveri italiani – ulteriore ostacolo
alla già lenta e malconcia burocrazia peninsulare.
Ma disattendere una
norma è molto diverso dal cancellarla: non
avere più l’obbligo di esser chiari – conoscendo i dipendenti pubblici
italiani – potrebbe essere percepito, di fatto, come un invito all'oscurità. Non
solo nei testi legislativi che costringono il cittadino, e le stesse
istituzioni, a barcamenarsi nella confusione e ad affidarsi ai tecnici del
cavillo (la figura del notaio,
altrimenti, sarebbe inutile, come è inutile – inesistente – in molti paesi
civilizzati), ma anche nelle sentenze
dei tribunali che, pure, in base all'articolo 546 del Codice di procedura
penale, già dovrebbero essere sempre “concise”.
Ovviamente la norma
Bassanini, fu salutata da una festa linguistica: Giancarlo Mola, giornalista di Repubblica scrisse: “La “reversale”
ha i giorni contati, presto diventerà una semplice ricevuta. I “pieghi”
torneranno ad essere normali buste da lettera. Il denaro non sarà più “ripetuto”,
ma banalmente restituito. Quanto all'“orario antimeridiano” sarà soppiantato
dalla più sobria mattinata”. Purtroppo
erano vane speranze: come sappiamo bene, il biglietto è rimasto il “titolo
di viaggio”, che, a Roma, prima di salire sull’autobus, bisogna “obliterare”.
Eppure la norma non si
limitava a dichiarare l’obbligo alla chiarezza: si erano messi in campo tutta
una serie di strumenti in aiuto al
cittadino e al burocrate. Per il primo, ci si era promessi di costituire un
gruppo di esperti consultabili tramite
un numero di telefono “sos lingua”; per il secondo, la predisposizione di modelli prestampati scritti in modo chiaro.
Dopo dodici anni di
nulla di fatto, insomma, la norma è stata abrogata, vedi per rinuncia a una
prassi ormai troppo consolidata, vedi per il piacere perverso che le istituzioni italiane provano a non
comunicare chiaramente coi cittadini.
L’AGENDA MONTI: Tutto merito dell’ex ministro della
pubblica amministrazione e della semplificazione del Governo Monti: Patroni Griffi, che firmò il
provvedimento ora promulgato: che l’abbia fatto cedendo alla rassegnazione? In effetti
lo stesso codice che conteneva la norma contro il burocratese era scritta in
burocratese. Ed è in burocratese il codice che la cancella…
Ma in effetti, se
andiamo a vedere come è affrontata la questione linguistica italiana dall’Agenda
Monti, e se vogliamo essere maligni, tutto torna. Come avevamo denunciato all’epoca
(cfr articolo) l’agenda Monti si
proponeva di abrogare l’italiano in tutti i campi della vita pubblica
italiana: dalla segnaletica stradale alle leggi. Ovviamente il tutto in favore
dell’inglese. Cosa che, se sarà fatta – come pare che venga fatta con Spread, austerity, ministero del Welfare e tante altre belle cosette – non porterà ad altro che a un ammanco di
democrazia degno dei paesi colonizzati dai francesi nei secoli scorsi.
Il burocratese e l’inglese,
a mio avviso, vanno a braccetto nel
creare ostacoli alla partecipazione attiva, alla consapevolezza, alla mera comprensione
dei cittadini. Tra gli esempi più
agghiaccianti, il linguaggio ospedaliero,
dove il malato spesso anziano, si deve muovere tra acronimi, anglicismi, sigle,
e parole e formule astruse (cfr articolo).
PARADOSSI BUROCRATICI: Il
burocratese potrebbe apparire, e in effetti lo è, una lingua estremamente colta, persino trecentesca in alcuni
tratti, una roba da illustrissimi filologi e appassionati linguisti; ma
sappiamo che “l’appuntato Lo Cascio”,
di certo, non è né l’uno né l’altro. Per cui il burocratese, spesso e
volentieri, non solo è umiliante per il
cittadino: spessissimo è umiliante
per lo stesso burocrate che tenta di usare tale lingua.
Il linguista Michele Cortelazzo, che in un articolo sul Piccolo di trieste definisce l'abrogazione della norma “un vergognoso passo indietro”, riporta questo esempio lampante:
“In una
situazione economica così difficile può accadere che l'azione di vigilanza
venga reputata dal datore di lavoro "inopinata"
e inutilmente punitiva. Ma legittime doglianze non possono divenire congetture
o, ancor più, critiche "inopinate"
al rigore sanzionatorio..."
Commenta Cortelazzo: “chi ha usato, due volte, l'aggettivo inopinato, sapeva cosa scriveva? Non credo, perché
il testo non ha proprio senso. Probabilmente la dirigente intendeva dire “infondata”
ma inopinato significa un'altra cosa: “imprevisto, inatteso”.
Ant.Mar.
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