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In Europa siamo noi,
insieme ai Russi, quelli che parlano peggio inglese. E' quanto emerge dal
rapporto 2012 EF Education First English Proficiency Index (EPI), pubblicato
da EF Education First, la nota organizzazione internazionale specializzata
nella formazione linguistica e accademica nata nel 1965 con l'obiettivo di
"abbattere le barriere linguistiche, culturali e geografiche nel
mondo".
È l'organizzazione internazionale più diffusa e potente nel
settore dei corsi di lingue all'estero, viaggi di studio, percorsi accademici e
programmi di scambio culturale, con una rete di 400 scuole e uffici in tutto il
mondo. E il rapporto EPI è la più ampia ricerca comparata in
questo settore a livello internazionale, basata su un campione di 1,7 milioni
di persone in 54 Paesi che ha consentito di valutare il livello
di conoscenza dell'inglese tra gli adulti nel mondo. O meglio, in quella parte di mondo che gliene frega qualcosa, dell'inglese.
La prima edizione del
è stata pubblicata nel 2011: L'EF EPI è basato su test di grammatica,
vocabolario, lettura e comprensione orale.
Siamo i peggiori d’Europa,
ma, a livello mondiale siamo nella norma, desolatamente proprio nella media: al 24° posto su 54 paesi analizzati. Viene da pensare che siamo nella media perché in Europa; siamo un po' l'anello di congiunzione tra i ricchi acculturati e i poveri ignoranti dell'est). Subito prima di noi, la Francia, la Spagna
poche posizioni sopra; tutte e tre fra i paesi con una media conoscenza della
lingua inglese. Ovviamente i primi della classe sono i paesi del nord Europa,
Norvegia, Danimarca, e, prima tra i primi, la Svezia.
"Questa nuova
edizione della nostra ricerca mette a fuoco alcuni aspetti interessanti sia da
un punto di vista socio-culturale che economico – evidenzia Natalia Anguas, Amministratore
Delegato di EF Italia – Nei Paesi come la Germania, dove si parla un buon
inglese, il volume di esportazioni procapite è maggiore: in Italia, dove
soprattutto gli uomini hanno una bassa competenza in inglese, si deve
riflettere su questo aspetto se si vuole rilanciare l'economia e superare
questo periodo di crisi."
Infatti, come i paesi
mediterranei tengono basso il livello medio europeo, così in Italia sono gli
uomini gli ignoranti; e lo stesso divario è riscontrabile tra nord e sud. Insomma
lo stesso che accade in Europa su scala ridotta. A livello nazionale la classifica è
- Friuli-Venezia Giulia 59.19 Buon livello di competenza
- Lombardia 57.38 Livello medio di competenza
- Lazio 56.03 Livello medio di competenza
- Veneto 56.01 Livello medio di competenza
- Piemonte 55.97 Livello medio di competenza
- Liguria 55.75 Livello medio di competenza
- Emilia-Romagna 55.61 Livello medio di competenza
- Marche 55.04 Livello medio di competenza
- Trentino-Alto Adige/Süditrol 54.22 Livello medio di competenza
- Toscana 53.24 Basso livello di competenza
- Umbria 52.82 Basso livello di competenza
- Campania 52.43 Basso livello di competenza
- Abruzzo 52.12 Basso livello di competenza
- Puglia 51.39 Basso livello di competenza
- Sicilia 50.65 Basso livello di competenza
- Sardegna 49.72 Basso livello di competenza
- Calabria 47.88 Livello molto basso di competenza
Cittá EF EPI Livello
- Milano 58.60 Buon livello di competenza
- Roma 57.44 Livello medio di competenza
- Torino 55.70 Livello medio di competenza
- Napoli 55.62 Livello medio di competenza.
L’ultima regione è
ovviamente anche la regione più povera e disastrata d’Italia: la Calabria. Che ci
sia allora un nesso tra l‘economia di un paese e il suo grado di istruzione? Questo
spiegherebbe perché i paesi del sud Europa sono asini e quelli de nord invece
parlano inglese. Ma non è così semplice, e poi gli spagnoli sono classificati
meglio dei francesi, sebbene la Spagna non sia in un momento felicissimo.
Può essere che i paesi
mediterranei, che hanno una forte tradizione linguistica e letteraria, siano
meno aperti all’influenza dell’inglese: e difatti la Spagna e la Francia (e il Portogallo) hanno
delle istituzioni di politica linguistica col compito di tutelare e diffondere
le loro lingue. Ma l’Italia, che non ha alcun tipo di filtro in questo senso e
che anzi accoglie quotidianamente una massa impressionante di parole inglesi, invece, come
può essere anche così ignorante della lingua inglese?
La risposta è semplice,
ed è legata ad entrambe queste ipotesi: la scuola. Un paese ricco offre, se
democratico, un’istruzione tanto più di qualità in proporzione alla ricchezza
del paese. E un paese acculturato produce più ricchezza. Un paese che ha
prodotto, e produce, cultura ha la tendenza innata a conservarla e proteggerla.
Noi che non la produciamo più, una cultura “italiana”, non la proteggiamo, nontuteliamo la lingua, non tuteliamo l’istruzione.
E oltre a non sapere l’italiano,
non sappiamo neanche l’inglese. Impoveriti nel linguaggio: impoveriti nel pensiero.
Mentalmente dialettali.
Bisogna infatti notare
che l’inglese non solo è la lingua veicolata dalla cultura dominante in questo
periodo storico, è anche incoraggiato e finanziato, attraverso istituzioni come
la EF. È importante e giusto insegnare l’inglese, per il suo valore di lingua
comune; ma non tutti sono d’accordo.
Ciò che vorrei evidenziare è che gli
anglosassoni, che non sono gli unici, incoraggiano e tutelano la loro lingua
proprio come veicolo della loro cultura. L’Italia dovrebbe fare lo stesso; e se
tutelassimo la lingua italiana, sono convinto, saliremmo anche nella
graduatoria della conoscenza della lingua inglese perché conoscere la propria
lingua è un processo lungo che passa anche per la conoscenza di almeno un'altra
lingua, che ti dia la possibilità di uno sguardo dall'esterno, più critico e più cosciente.
Insomma: non sappiamo l’inglese,
perché non sappiamo l’italiano: o meglio, nessuno ce lo insegna in modo
decente.
Ant.Mar.
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