A partire
almeno dall’undici settembre in occidente si è diffusa una paura dell’islam che
a volte sfiora il ridicolo, spesso entra nel tragico. Certo gli attentati
terroristici sono una realtà, ma che rappresentino davvero un pericolo per l’occidente
è tutto da dimostrare. Soprattutto i terroristi, i talebani, al qaeda,
chiamateli come vi pare, hanno scarsissimo seguito nell’oriente musulmano; e
quando ce l’hanno è perché sono l’unica forza che si oppone, con la violenza,
alla violenza dello straniero colonizzatore (che saremmo noi). Ma quel che più
conta è che questa paura, dall’America all’Europa è diffusa e creata ad arte, non
solo contro gli islamici ma anche contro gli extracomunitari, gli omosessuali
ecc.
Parliamo per
quel che ci riguarda, l’Italia: da noi sopratutto, a parte gli Stati Uniti,
questo odio sembra scientificamente provocato nella popolazione tramite il
linguaggio delle classi politiche e dei media. C’è, di conseguenza, un vero
problema di attitudini violente che comincia a diventare preoccupante, che
comincia a serpeggiare in tutti gli strati della popolazione. Non è un segreto;
prima il nemico erano i comunisti (paura che in Italia il Cavaliere ha
trascinato al di là del ventesimo secolo, unico in occidente), oggi sono gli
islamici: ed ecco Calderoli che si presenta in tv con una maglietta con delle
vignette su Maometto che offendono i fedeli islamici; ecco Berlusconi
dichiarare che è nostro dovere morale di civiltà superiore portare la
democrazia a suon di bombe in Afghanistan e Iraq; Borghezio che con un maiale
va a dissacrare il terreno su cui è in progetto una Moschea (senza rendersi
conto che il maiale non gli serviva…); ecco la Santanché affermare, a proposito
dei recenti fatti in Libia, che “l’islam è una religione assassina”, e tante
altre belle cose. Ma il film presenta Maometto come un impostore che bestemmia e
fa sesso; il regista è un californiano che si autoproclama “ebreo israeliano” che
dichiara che “l’islam è un cancro” ed è finanziato da alcuni mecenati ebrei. Insomma,
roba seria, che arriva dritta dal conflitto israelo-palestinese. Magari la
reazione dei musulmani sarà stata esagerata; ma quelli che bombardano mezzo
mondo (guarda caso solo la parte islamica), siamo noi. A conti fatti, e il film
su Maometto lo dimostra, gli aggressori siamo noi occidentali.
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il presidente della Turchia, Erdogan. |
Il presidente turco Erdogan, infatti, ha
dichiarato che sottoporrà il problema alla prossima Assemblea generale dell’Onu,
il 25 settembre, ed ha dichiarato: “L’Occidente non riconosce l’islamofobia
come crimine contro l’umanità, anzi la incoraggia”.
Questa paura, che diventa odio,
la si vede innanzi tutto dal linguaggio e dai comportamenti comunicativi delle
classi dirigenti, americane, europee, e, per quel che qui ci interessa di più, italiana:
ci dicono e ci comunicano (ci fanno capire) che questi islamici sono un
pericolo. Ovviamente Erdogan si rivolge a tutti gli stati dell’occidente, e ha
ragione; noi restringiamo il campo all’Italia, il paese con la classe dirigente
più ignorante e volgare dell’Europa moderna. Il linguaggio volgare, con cui i
nostri politici sono molto a loro agio, è spesso un linguaggio di odio. E così
le nostre televisioni traboccano di odio, di vera e propria propaganda. Solo una
esagerazione?
Il 28 agosto 2012 a Ginevra Il
Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite
(CERD) ha dedicato una sessione ai linguaggi dell’odio. Tra le altre, hanno
consegnato un rapporto che ha fatto il punto sulla situazione 8 associazioni
italiane, che hanno esposto un rapporto preoccupante e preoccupato per l’altissima
diffusione di termini discriminanti
nel discorso pubblico politico e mediatico. Una delle raccomandazioni del
rapporto è quella di adottare un codice di condotta che sanzioni i partiti
politici in caso di propaganda razzista e islamofobica.
Come si parla e si definisce l’Altro
influenza la percezione che ne abbiamo come amico (innocuo) o nemico
(pericoloso). Le parole sono importanti. Ci si è chiesti come fu possibile che
in Ruanda un’ampia fetta della popolazione sia stata presa, in pochi mesi, da
un raptus tanto violento contro un’altra fetta della popolazione fino a
sfiorare il vero e proprio genocidio, per di più a colpi di macete, perché i
proiettili costano. Una spiegazione fu data dal linguaggio: per mesi, forse
anni, prima dello sterminio, un programma radio trasmetteva, in Ruanda, offese
e incoraggiamenti a “disinfestare il paese” e “schiacciare gli scarafaggi”. Un bombardamento
mediatico, un vero lavaggio del cervello, che rese più facile ad un venditore
di banane, per dire, prendere il machete e uscire a uccidere uomini donne e
bambini…
Ovviamente il
discorso non è così semplice: in Ruanda fin dalla colonizzazione Belga gli Hutu
e i Tutsi si massacrano a vicenda; il genocidio del '94 fu solo l’episodio più
terribile. Chi vorrà fare ricerche scoprirà che alla radice di un secolo di
massacri in Ruanda, ci sono ovviamente, responsabilità pesanti degli
occidentali. Ma tutti questi precedenti formano la base di odio su cui, tramite
l’uso irresponsabile del linguaggio, si può arrivare al massacro. La lingua che
usiamo influenza e compone ciò che pensiamo, ci che facciamo e ciò che siamo. Insomma,
per sdrammatizzare: bisogna leggere! Ma un elemento che fece traboccare il
vaso fu la propaganda, lo stesso lavaggio del cervello che rende più facile, oggi,
in Italia, a un ragazzotto di periferia, andare a picchiare un rumeno a caso perché
il telegiornale parla solo di rumeni, o un frocio, un negro ecc.
Bisogna evidenziare il
rapporto che c’è tra ciò che dicono ogni giorno certi politici in tv, da anni,
e il fatto che le violenze a sfondo razziale siano cresciute in tutte le grandi
città. È un fenomeno che in certa misura si
ritrova in tutte le nazioni d’Europa, aiutato dalla crisi economica (proprio
come prima della II Guerra), ma che in Italia ha avuto una legittimazione
parlamentare, e cioè una crescita esponenziale forte. Le cause sono diverse:
per quanto riguarda anche gli altri paesi, la nascita e il seguito che partiti
di stampo nazionalista hanno avuto, è dovuta principalmente ad una presenza
massiccia di extracomunitari, spesso di religione e cultura diversa (immaginate
un turco a Berlino…), che per svariati motivi hanno difficoltà a integrarsi. Bisognerebbe
però indagare su quanto le popolazioni e governi europei hanno voglia di
integrare e accettare questi “diversi”.
Ma in Italia la presenza di stranieri non è neanche
lontanamente paragonabile alla situazione di Germania e Inghilterra, o, per
restare più vicini al mediterraneo, di Francia e Spagna. E allora perché questo
odio smisurato verso questi che sono, tutto sommato, in nettissima minoranza
nel nostro paese?
La tesi è che gli italiani hanno subìto, negli ultimi 20 o
30 anni, un cambiamento imposto dall’alto. Dopo la ricchezza e al consumismo
sono stati costretti a intraprendere un percorso distruttivo verso l’impoverimento
intellettuale, morale, linguistico. Siamo
passati da De Sica padre a De Sica figlio, da Ladri di biciclette e Vacanze di
natale. È un processo identificabile con il periodo Berlusconi, ma non del
tutto: il cavaliere ha certamente un ruolo di “produttore” di volgarità, ma è
anche un prodotto di questa, così come tutta la classe politica. Ma non lo fanno
a caso: hanno consiglieri e consulenti che hannoo studiato, e molto.
Il linguaggio volgare è infatti, innanzi tutto, linguaggio
di odio; e l’odio, che va a braccetto con la paura, è un potentissimo collante
per le masse e un grande vortice risucchia voti. E questo vale per l’Italia,
per l’Europa per l’America e anche per i paesi islamici. Tutto sta nel trovare
un nemico. I comunisti, gli stranieri, gli infedeli o i terroristi.
L’attenzione alle parole può salvare vite, se chi pronuncia
quelle giuste è un uomo di potere. Ma quando l’uomo, il paese, quando l’istituzione
internazionale che ha potere usa deliberatamente un linguaggio di odio, la sola
conclusione è che voglia che la
situazione precipiti.
“Le parole sono importanti!!”.
Ant.Mar.
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