sabato 9 marzo 2013

L'ACCADEMIA DELLA CRUSCA E L'ITALIANO TELEVISIVO



Manzi, l'insegnante di "non è mai troppo tardi"

IL RUOLO STORICO DELLA TV: I mezzi di comunicazione di massa, e in particolare la televisione, come ha notato per primo De Mauro, hanno avuto un ruolo fondamentale per l’effettiva unificazione linguistica dell’Italia, portando la lingua ufficiale nelle case di tutti gli italiani, i quali, poco a poco si sono abituati e hanno cominciato a comprenderla e a saperla usare. Questo ruolo importantissimo della televisione è simboleggiato dal programma “Non è mai troppo tardi, andato in onda fino al 1968, che insegnava proprio come in una classe di prima elementare, a leggere e scrivere. Oggi fa tenerezza vedere, su youtube, le dolci vecchiette con tanto di fazzoletto in testa alla contadina, leggere frasi del tipo “il gatto mangia la mela”. Eppure molti italiani ne avrebbero bisogno ancora oggi: l’analfabetismo di ritorno è diventato un grosso problema, ed è dovuto principalmente al fatto che nel nostro paese mancano istituzioni e iniziative per l’acculturamento continuo degli adulti, a differenza di TUTTI gli altri paesi “sviluppati”.

L’italiano che allora veniva veicolato – e insegnato – in tutta la penisola era un italiano corretto da tutti i punti di vista: chi lavorava in tv o in radio doveva superare un corso di dizione piuttosto severo; per cui nessuna cadenza regionale era accettata. C’erano poi le regole redatte da Carlo Emilio Gadda – che in buona parte andrebbero oggi riprese – e la censura, bigotta, che vietava ad esempio l’uso della parola “membro”, anche in frasi del tipo “membro del governo”, che rendeva quel linguaggio “corretto” anche politicamente, magari troppo...

L’ITALIANO TELEVISIVO OGGI: Ma oggi, com’è la situazione? Non c’è bisogno di un profondo conoscitore della lingua per accorgersi che molte cose, nel linguaggio televisivo odierno, si sono perse. Tuttavia la tv non ha smesso di essere “insegnante”: di fatto porta dentro le case di tutti una lingua, solo che non è più una lingua corretta; per cui l’insegnante è diventato piuttosto un Lucignolo, che ci porta, attraverso lo spettacolo e l’intrattenimento verso il paese dei balocchi, fino a trasformarci in asini. Non è solo la libertà dialettale, cioè la forte presenza di varie cadenze – soprattutto quella romana in Rai e lombarda in mediaset – ad impoverirci, né è tanto il congiuntivo sempre più latente, o i pronomi usati a sproposito: il problema sta nella stessa qualità dei messaggi.

Ne hanno parlato ieri al convegno Il portale della tv, la tv dei portali, organizzato dall’Accademia della Crusca per presentare la nascita del portale italianotelevisivo.org, un archivio di video e trascrizioni dagli anni 50 ad oggi, per analizzare il modo in cui l’italiano del piccolo schermo è cambiato in questi decenni. Spiega Marco Biffi, coordinatore del progetto che “gli utenti troveranno banche-dati consultabili e interrogabili, articoli già pubblicati o inediti, tesi di laurea e di dottorato, un’ampia bibliografia. E infine ci sarà un serbatoio lasciato all’arricchimento degli utenti attraverso video e trascrizioni che saranno vagliati per la pubblicazione. Un’attenzione particolare è data all’integrazione sempre maggiore tra la lingua della televisione e quella del web. (ha detto proprio così: web)

Il convegno, presentato da Nicoletta Maraschio, Presidente dell’Accademia della Crusca, ha tra i partecipanti linguisti, sociologi e mass-mediologi con l’intento di affrontare l’evoluzione della lingua italiana della televisione; ed è stato organizzato per rendere noti i risultati di una ricerca appena conclusa e finanziata dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca.

È uno strumento importante – afferma Nicoletta Maraschio – e permetterà di affrontare il linguaggio televisivo secondo precisi riferimenti scientifici. Proprio grazie a questo studio metodico e scientifico, l’Accademia della Crusca boccia irrevocabilmente l’italiano veicolato oggi dalla televisione.

QUANDO È INIZIATO? Ancora una volta, vediamo che l’impoverimento culturale e morale degli italiani è strettamente legato con la televisione degli anni ’80; quella da cui sono nati prodotti come Berlusconi. Il che la dice lunga.

Secondo gli studi della Crusca infatti “dagli anni ’80 in tv il linguaggio comune è stato abbandonato a favore di un parlato artificioso, concepito per spettacolizzare i contenuti e questa è diventata la norma, sia nell’informazione che nell’intrattenimento”. Questo provoca un impoverimento linguistico, che significa sempre e necessariamente un impoverimento del pensiero, delle capacità critiche, e quindi della libertà individuale di pensiero.

In particolare ciò che è interessante nei risultati della ricerca è proprio la distanza che si è creata, soprattutto nell’ultimo decennio, tra la lingua vera, parlata dagli italiani, e quella televisiva, composta di frasi fatte e anglicismi inutili. Ci stiamo sempre più americanizzando, diamo nomi femminili alle tempeste, come fossero uragani, ma sono solo semplici tempeste europee. Le ultime elezioni sono state seguite con “exit/instant poll” ecc ecc.

Nei telegiornali, come nell'intrattenimento e nelle pubblicità, qualsiasi piccolo evento o prodotto è diventato straordinario, incredibile, fantastico, meraviglioso, magnifico, eccezionale, misterioso, spettacolare, clamoroso, stupendo e mitico, che si tratti del super latitante e della super storia; mega e iper la fanno da padroni. L'importante è esagerare sempre e comunque, fare spettacolo.

MA NON TUTTO È PERDUTO: Bisogna però, è giusto sottolinearlo, guardare caso per caso. Molti singoli programmi, come “La storia siamo noi” di Rai3, hanno una buona tenuta. E, sorpresa: In alcune serie, penso a esempio a Centovetrine, tuttora in corso, o Incantesimo, ma ce ne sarebbero altre, resiste l'utilizzo di un linguaggio alto, di tipo letterario, come usava nei teleromanzi di una volta, spiega Gabriella Alfieri dell'università di Catania. Peccato però, aggiungo io, che se la lingua risulta corretta, non lo sia il messaggio; e peccato soprattutto che non vi sia, comunque, un rispecchiarsi reciproco tra l’italiano reale e quello televisivo. L’errore, in questo caso non è verso il basso, ma verso l’alto: troppo “letterario” comunque non va bene, ma probabilmente è meglio che troppo americano.

Il problema è soprattutto che la televisione non ha smesso di essere una maestra, è solo diventata – peggio ancora! – una cattiva maestra. E questo si vede in particolare nei nuovi media, il cui linguaggio è strettamente apparentato con quello televisivo, e che hanno lo stesso ruolo, probabilmente ancora più invasivo, di insegnanti: sulla rete sta nascendo un vero e proprio nuovo linguaggio, in perenne e rapidissima evoluzione, che lascia le vecchie generazioni spesso isolate. In rete infatti, ognuno è potenzialmente produttore di contenuti, e, soprattutto, impera l’inglese, perché, in mancanza di un organo di filtro, gli italiani risultano troppo pigri e supini, o ignoranti o infedeli alla propria lingua, per tradurre e/o usare termini italiani. Una buona parte dei nostri connazionali, addirittura, non usa affatto l’italiano per comunicare su internet; cosa che è più che evidente se andate a curiosare sulle presentazioni Twitter di molti utenti italiani.

Che ci sia un legame tra questo bombardamento trentennale di povertà e banalizzazione e la situazione politica italiana?

Ant.Mar.

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